Una nota sui padroni, quelli del mondo che in questo momento si stanno giocando le sorti di un popolo, quello curdo, lasciato alla mercè di Erdogan, del suo esercito, delle sue armi made in Italy.
E quindi dell’Europa di Ponzio Pilato, come la definisce Olga Nassis, la quale ci ricorda che
L’Europa ha una tradizione bellissima di vigliaccheria e indifferenza di fronte alle stragi di minoranze nell’impero turco. Gli armeni vennero massacrati a milioni, nel primo Novecento, e nessuno intervenne. I greci, a Smirne, vennero bruciati vivi nelle loro case; quelli che fuggivano al porto venivano respinti dalle navi europee; un ammiraglio faceva suonare a bordo allegre musichette militari per soffocare le urla – poco più in là – dei massacrati. I turchi, popolo laborioso e ordinato, non hanno avuto che raramente dei governanti umani. Non ne hanno nemmeno ora, col capo che rimpiange i bei tempi felici dell’impero. Pagano i poveretti, il soldatino turco e il curdo montanaro, spinti l’uno sull’altro a uccidere e a morire. E nessuno interviene: Francia, Italia, Europa: zitti. Volenterosi carnefici di una strage che – secondo loro – non li tocca.
La Nassis ci ricorda però anche il debito che l’occidente ha nei confronti dei curdi che hanno combattuto l’Isis e soprattutto delle donne, perchè La guerra all’Isis, principalmente, l’hanno vinta loro, le YPJ che guardavano il nemico negli occhi e non sbagliavano un colpo.
E le donne curde della Rojava non hanno sbagliato un colpo nemmeno nell’essere avanguardia civile. In una terra divisa per etnie, tribù e soprattutto visceralmente patriarcale, loro hanno reinventato la democrazia, cioè rivendicato il loro stare al mondo nel rispetto e nell’autodeterminazione.
Sinceramente non sappiamo quanto abbiano capito ed acquisito di tutto questo quelli che la solidarietà è un “kurdish washing”, come il pink washing o il green washing o tutti i lavaggi possibili per sfruttare situazioni, disastri e drammi contingenti pur di avere visibilità politica. Strumentali insomma.
Ci viene in mente il sindaco di Udine Pietro Fontanini il quale usa la solidarietà in chiave antiimmigrazione e così dice: “In attesa che l’Europa reagisca in maniera forte e compatta alla violenza e all’intolleranza dimostrata dal governo di Ankara nei confronti dei popoli che vivono a ridosso dei propri confini e all’arroganza con cui Erdogan minaccia di invaderci con oltre tre milioni e mezzo di migranti, voglio esprimere la vicinanza di questa Amministrazione al popolo curdo e alla sua lotta per la libertà e per l’indipendenza”…. lui, quello eletto con i voti dei fascisti di Casa Pound, quello che non digerisce nemmeno il palliativo delle quote rosa…
Poi in questi giorni, sulla scena della solidarietà pelosa, oltre ad un consigliere regionale, si presenta a proporre una manifestazione solidale Carlo Bressan “Volto noto del ’68 triestino e del centrosinistra friulano” come lo definisce il Piccolo.
Ci soffermiamo su questo perchè mentre leggiamo del suo slancio per il popolo curdo (con silenzio candele e senza bandiere, tanto per solidarizzare senza urtare) leggiamo lo scritto di Anita sua figlia che lo accusa di violenze reiterate e allucinanti verso di lei, la nonna e la madre. Leggete qui, per favore, leggete: http://www.facebook.com/1440758398/posts/10221172329684761/?sfnsn=mo
Siamo allibite, ma anche no. Perchè sappiamo che esistono vizi privati e pubbliche virtù, che la società patriarcale si è sempre girata dall’altra parte facendo quadrato attorno ai carnefici piuttosto che alle vittime, che l’ipocrisia politica regna a destra e a sinistra indistintamente soprattutto quando si tratta di “donne”, che per le donne è sempre difficile uscirne e che per uscirne e sopravvivere ci vuole quella che una volta si chiamava “sorellanza”, ci vuole capire, condividere, aiutarsi a difendersi.
Ci guardiamo in giro e, visti violenze, femminicidi, family mass murder e quantaltro sappiamo che molta acqua dovrà passare ancora sotto i ponti, e poi pensiamo alla grande rivoluzione soprattutto di liberazione dal patriarcato che hanno tentato le donne del Rojava e sappiamo perchè la loro rivoluzione è la nostra e che non è mai finita, per loro, come per noi.
Se, come dice Ozlem Tanrikulu, presidente di Uiki, ufficio di informazione del Kurdistan in Italia: “Nemmeno le bombe turche fermeranno il progetto politico del Rojava…L’invasione e gli attacchi feroci dello stato turco hanno causato la morte di centinaia di persone e la fuga di centinaia di migliaia di civili. Ma la popolazione che si è formata con questa esperienza finirà per portare il progetto politico fin sulla luna.”, allora abbiamo speranza che non è finita nemmeno per loro, nemmeno sotto le bombe.
Erdogan è un padre-padrone che vuole ridurre l’altro, che è un intero popolo, sotto il suo dominio e il suo potere; altri nel loro piccolo, anche senza saperlo, nel chiuso delle loro case, nell’omertà generale, sono come lui. Le donne sono il suo “altro”.
*Tutta la nostra solidarietà ed il nostro affetto ad Anita, alla madre e alla nonna.