Scommettiamo su un femminismo che ci definisca per ciò che facciamo, non per ciò che dica che siamo. Scommettiamo su un femminismo autocritico, dall’interno verso l’esterno, che riveda le nostre pratiche quotidiane, le nostre relazioni. Un femminismo che sia capace di smascherare tutti gli spazi che il patriarcato occupa nelle nostre vite. Che lo affronti e non rimanga in silenzio.
Un femminismo che non sia una toppa su una maglietta, una spilla in più, una posa plastica. Un femminismo che ci insegni a riconoscere il poliziotto patriarcale che anche noi abbiamo dentro, e che vogliamo distruggere tanto come la polizia fuori. Scommettiamo su un femminismo che sia un processo capace di liberarci e che sia capace di riconoscere i privilegi che oggi ci permettono stare qui: abbiamo la possibilità fisica di spostarci, non ci hanno deportate, non siamo rinchiuse per una diagnosi o una sentenza, non siamo una delle 80 donne assassinate nel 2015, o delle 17 dall’inizio del 2016.
Non siamo nemmeno nessuna delle molte persone trans, le cui morti neppure si prendono in considerazione nelle statistiche sulla violenza di genere. La Eteronorma esclude e aggredisce ogni giorno, decidendo chi è valida e chi no, in un sistema che castiga la differenza e la dissidenza. Alan**, non ti dimentichiamo, e neanche a moltx altrx. Davanti alla normalizzazione delle violenze, vogliamo costruire una risposta collettiva che organizzi la nostra rabbia. Davanti alla norma etero, resistenza e provocazione costanti.
No, non ci siamo tutte e non ci stancheremo di ripeterlo. Mancano le nostre sorelle imprigionate, le psichiatrizzate, le deportate, quelle che portano sulle spalle tutte le cure alle loro famiglie o alle famiglie di altre-i, quelle che hanno un lavoro di merda e non possono lasciarlo, quelle che vivono relazioni di controllo e di violenza, quelle che non hanno avuto il diritto di migrare.
No, non siamo tutte e non ci fermeremo finchè nessuna mancherà. Il femminismo non può essere solo per bianche, non può essere solo di classe media, per accademiche, cis e eterosessuali. Per questo scommettiamo per un femminismo che faccia scoppiare le frontiere, le prigioni, i privilegi e le taglie. Per questo scommettiamo per un femminismo che vada su sedia a rotelle, che cammini nell’oscurità, che vibri, che si adatti ai ritmi di ognuna, che si accompagni. Un femminismo generato dalle nostre distinte capacità, non le nostre capacità adattate al femminismo.
Un femminismo che metta al centro la cura. Siamo stufe del produttivismo, di essere schiave delle agende, di lavori che ci rubano la vita, che i nostri progetti vitali svaniscano di fronte al ritmo capitalista e finiscano in secondo piano, e noi con loro. Siamo stufe della precarietà affettiva e materiale.
Per questo, stanche, passiamo all’azione:
Ci organizziamo con le nostre vicine per affrontare faccia a faccia gli speculatori del quartiere; condividiamo saperi sulla salute, recuperiamo il riposo e rivendichiamo la pigrizia. Okkupiamo spazi dove incontrarci e tessere reti; ci organizziamo con compagne di lavoro e affrontiamo il capo e l’aggressore; dedichiamo tempo e costanza alle nostre illusioni, ai nostri aneliti e desideri; creiamo gruppi di autodifesa e ci alleniamo; generiamo insieme alternative al consumo e lottiamo per l’autogestione delle nostre vite; ci accompagnamo e ascoltiamo nei nostri processi e riparazioni. Insieme affrontiamo l’abuso da dovunque esso provenga, qualunque sia la sua origine. Mettiamo in discussione le vecchie e nuove mascolinità con colpi e risate fragororose. Impariamo a riciclare, a rubare, a mentire, e lo facciamo senza colpa. Neghiamo essere ragazze fighe per il Capitale e difendiamo le nostre mostruosità.
Scommettiamo su un femminismo che continui ad affrontare apertamente le facce della politica, che non si conformi, che non si compri, che non si venda, che non creda alle sue politiche truccate. Non vogliamo un femminismo recuperato dallo Stato, e nemmeno un femminismo soprammobile.
Il patriarcato non si distruggerà nelle urne, e lo sappiamo. Non ci adegueremo agli uffici, gli assessorati e le sovvenzioni. Vogliamo un femminismo di lotta costante nelle strade, nelle case e in tutti gli spazi.
Scommettiamo su un femminismo che cominci con ciascuna di noi, che si costruisca con le mani delle nostre amiche, un femminismo collettivo, gomito a gomito, quotidiano e combattivo. Un femminismo che non risponda a gerarchie e a rappresentazioni, un femminismo autonomo e orizzontale.
Scommettiamo su un femminismo che sono molti femminismi, che non è un obiettivo, è un cammino, una posizione davanti al mondo, un punto di partenza. Un femminismo che prende la strada oggi, come ogni anno, per gridare ben forte che LA NOTTE È NOSTRA!
* traduzione fatta con amore e rabbia dalla mia amica Zebra: è il testo di lancio della manifestazione notturna La nit es nostra, che ha inaugurato le giornate femministe di Se va a armar la gorda (Barcelona)
** Alan è un adolescente trans morto suicida alla fine dello scorso anno. ne ha scritto Preciado (qui, tradotto)