Ieri Salvini era a Cividale a fare campagna elettorale, a caccia di voti alimentando le paure de* autocton* con lo spettro dei clandestini travestiti da profughi e poi ad incitarl* con il mito della ruspa, simbolo di fatica e di lavoro, e, udite udite: di equità sociale! In hoc signo vinces, insomma.
E’ un vincere facile il “dàgli al rom” o al “clandestino”, purtroppo. Sappiamo.
Oggi, dopo l’affondamento del peschereccio nel canale di Sicilia, e la morte di circa 700 persone, lo stile non cambia; che se ne stiano a casa o tutt’alpiù a crepare sulle coste della Libia; sì ci vuole un blocco navale.
Non hanno nulla, togliamogli anche la speranza.
Per il resto della scena politica è tutto un nascondarello dietro l’europa che non fa niente, dietro una sensibilità a breve conservazione, dietro una retorica di circostanza, fino alla prossima, in questa progressione della morte, come nel titolo, la frase che una volta si scriveva sulla medaglia dell’amore.
Mentre per la realpolitik quei flussi migratori de* sopravvissut* rappresentano sempre una quota di schiav* buona per i campi di lavoro stagionali, buon* per gli affari, che con gli/le immigrat* si fanno più soldi che con la droga, che perfino in un paese di duemila e poco più abitanti della bassa friulana, la parrocchia li vuole per sanare i conti e i/le cittadin* no per pura xenofobia e micragnosa stupidità.
Perchè bisogna essere crudelmente stupidi pensare che è l’immigrat* la fonte dei tuoi mali, piuttosto che il potere politico che dalla vecchia logica del divide et impera in ogni caso si ingrassa…. e poi Salvini dovrebbe cambiare strategia.