Dunque, con 480 voti a favore, 159 voti contrari e 58 astenuti il parlamento europeo ha approvato le nuove norme in materia di coltivazioni ogm. In virtù di ciò, ogni stato membro potrà scegliere se permetterne o meno la coltivazione sul proprio territorio.
Sembra bene, ma in realtà, come per la legge 194 che regola l’interruzione volontaria di gravidanza, basta lasciare un punto debole per far fallire tutto l’impianto. In quella è stata l’obiezione di coscienza, qui è la possibilità per l’industria biotech di esercitare pressioni negoziando direttamente con i governi.
Poi, nell’eventualità di autorizzazioni alla coltivazione, nulla si stabilisce in merito a risarcimenti in caso di contaminazione; e poi, nulla anche rispetto agli ogm importati ed utilizzati come mangimi per animali ecc. ecc. A febbraio scadrà il bando provvisorio agli ogm, ma il ministro Martina ha anticipato che lo rinnoverà.
Anche Fidenato, oggi dissequestrato, da parte sua ha anticipato che riseminerà il suo Mon810; questa volta in serra (!); ecco, così non si contamina il campo del vicino.
A proposito di contaminazione, c’è un nuovo studio, anzi due; la quadratura del cerchio in tema di coesistenza; l’ogm, gmo in inglese diventa gro: genetically recoded organisms (organismi geneticamente ricodificati) . Per impedirgli di fuggire e contaminare specie affini, si riprogramma l’organismo in questione, in modo che non possa vivere se non a certe condizioni. L’esempio è quello del batterio riprogrammato per mangiare solo “cibo sintetico”, quello costruito in laboratorio; con il nutriente naturale, non quaglia, muore.
Ne parla con una certa ironia il New Yorker, sì, quello che ha tentato di demolire curriculum e credibilità di Vandana Shiva; il bello è che lo dice premettendo che “uno studio del 2010 dell’Università dell’Arkansas, aveva identificato geni per la resistenza agli erbicidi in più dell’ottanta per cento delle erbacce che crescono lungo le strade del Nord Dakota, mentre in Oregon i geni sfuggiti dall’erba ingegnerizzata di un campo da golf sperimentale erano finiti in diverse specie di erba nativa per tredici chilometri lungo la strada. In entrambi i casi i soliti metodi di contenimento fisico -siepi come barriere al polline, filari di coltura tradizionali come zone tampone- si sono dimostrati ostacoli insufficienti al dna vagante”.
Creature artificiali per una vita simil-naturale.
L’esperimento è fatto sui batteri, ma la BBC, per colorire la divulgazione ci mette la foto del mais… sai mai che un domani gli ogm coltivati, opportunamente ri-programmati possano convivere senza problemi, loro così artificiali, con i loro parenti naturali.
A proposito di programmazione bisognerà comunque tenere conto che questo tipo di agricoltura che è ormai più industria che altro, ha ancora 60 anni di vita perchè entro 60 anni il suolo finisce; finisce esautorato e sterilizzato, senza possibilità di ripresa perchè ci vogliono 1.000 anni per fare tre centimetri di suolo fertile.
E ci sono voluti milioni anni per fare le rocce di fosfato disponibile, quelle che si macinano e spargono sul suolo perchè le piante possano assimilare fosforo e costruire dna, rna, atp, le molecole della vita insomma; ecco, anche il fosforo ha già superato il suo picco intorno al 1988 o ’89; non ne resta molto e quello che c’è è stato concentrato nei posti sbagliati come il mare dove provoca danni di non poco conto. Il 90% dei fosfati si usa come fertilizzante e se ne dovrà usare sempre di più per sopperire a quella povertà di suolo che abbiamo detto; questo vale per il mais convenzionale e anche per quello gm e allora, se stiamo ancora qui a dover dibattere intorno agli ogm, abbiamo già perso l’occasione per cambiare rotta.
Non sono gli ogm che si dovrebbero profilare al nostro orizzonte. No.
Vedremo ora le sagome delle serre di Fidenato? Che cosa grottesca! Sentiremo il prof. Morgante dire che gli ogm sono il progresso e non si può tornare indietro?
La sapete l’ultima? Bisognerà trovare il modo di reinselvatichire almeno le coltivazioni di grano e riso cercando semi antichi andati perduti per rendere le piante più resistenti ai cambiamenti climatici, alle malattie, ai parassiti perchè quelle delle selezioni moderne sono povere e fragili e non ce la fanno. Lo dice con candore uno studio dell’università di Copenaghen.
E speriamo che qualcun* abbia conservato quei semi antichi mentre l’industria biotech ci pressava per gli ogm e ci lusingava con i gro.