Oppure, carcerate/i e cani/gne.
Leggiamo questo: “Cani dietro le sbarre: cure e cibo in cambio di affetto ai detenuti”.
E’ una notizia di quelle un po’ così, quelle che ti ruffianano i buoni sentimenti, toccano l’emotivo e però allo stesso tempo ti inquietano.
Noi siamo contro le carceri, perchè sono brutte, perchè sono disumane, ma anche se fossero belle saremmo contro uguale perchè sono la risposta sbagliata a problemi reali.
Quale sia la risposta giusta un po’ lo sappiamo, un po’ no perchè la risposta deve venire anche dal lavoro collettivo a partire dalla sottrazione dall’esercizio della violenza istituzionale, da una società “sensibile” in grado di autonormarsi.
E poi lo sappiamo che il carcere è sempre stato, ed è tutt’ora, la risposta contenitiva ed intimidatoria del potere verso i/le ribelli, gli/le emarginati/e, ai/le diseredati/e.
Allora, il fatto che a chi è in carcere sia concesso di incontrasi con il proprio cane; cosa che sembrerebbe ovvia e naturale, mentre invece è una cosa giocata come “concessione” dell’amministrazione penitenziaria lungimirante, ecco, questo fa schifo.
Che nelle carceri americane, solo in certe, si favorisca lo scambio o mutuo appoggio cane-carcerato/a, beh, è certo positivo per entrambe, ma anche per l’amministrazione che ha trovato un modo economico di calmierare eventuali nervosismi dei/le detenuti o contenere spese in psicofarmaci, poi anche nettamente conveniente se i/le detenuti/e lavorano toelettando anche i cani/gne che vengono da fuori….
Insomma positivo, ma non riusciamo a dire tutto bene, anzi.