lei è la grande Ana Elena Pena.
in questo blog ho giá parlato di lei ma non mi stanco mai di farlo: credo che sia una delle persone piú geniali e talentuose che ho avuto la fortuna di incontrare nella vita… e (come stupirsene?) non ha il successo e il riconoscimento che merita.
non in ambito mainstream, almeno.
è una regina dell’underground valenciano e come tutte le vere artiste si deve un po’ arrangiare per vivere (non so che mestiere fa ora, ma è una che ha collezionato parecchi lavori, piú o meno di merda, per pagarsi l’affitto)
peró non pensiate che sia una di quelle che si piangono addosso o che s’amareggiano riversando sul prossimo (e sulla prossima) la loro insoddisfazione: la precarietá di Ana Elena è solare, sorridente, vittoriosa.
ai margini si puó vivere con dignitá e allegria – e continuando a produrre cose meravigliose (a proposito, date un’occhiata al suo negozio online)
al cabaret Transvalentino, per dir male dell’amore che ci fa male (quello che prima di concederlo a noi stessx cerchiamo in qualcunaltrx) ho letto una sua poesia, che avevo tradotto per voi per l’occasione.
la condivido oggi, sperando che un giorno esista in Italia un pubblico degno della sua delicatezza velenosa, della sua sensibilitá giocosa, della sua allegria mortale.
Piuttosto che star soli
Piuttosto che star soli
andiamo con pazzi, con idioti ed ubriachi,
con donne vuote o di dubbia morale.
Mentiamo ai genitori,
giuriamo invano,
rischiamo la pelle e ci giochiamo i nostri sogni.
Attraversiamo la strada a occhi chiusi
con il primo che ci dá la mano.
Piuttosto che star soli
montiamo una grande farsa che chiamiamo AMORE
(cosí, in maiuscolo)
Tirando fuori conigli morti da un cappello a cilindro, mischiando le nostre carte con l’inganno e facendo trucchi scarsi davanti allo specchio
per non sbattere il grugno contro la realtá
e allontanare la paura
di rimanere soli.
Perché, per non esserlo, o per non sembrare che lo siamo
facciamo la fame, sperperiamo denaro,
sentiamo senza ascoltare,
abbracciamo senza accogliere
e ci trasformiamo in automi disperati
dimenticando quanto è bello sedersi ad aspettare che le cose, semplicemente, succedano.
L’odore di gelsomino delle notti d’estate e la scoperta inattesa di qualcosa di autentico, che ci sorprenda alla sprovvista, privi di artifici, disadorni, disarmati e tranquilli. Liberati di tutto ció che pesa e schiavi dell’evanescente, dell’etereo…
Lasciarsi andare…
Peró piuttosto che star soli
anche solo per un momento
continuiamo a cercare e continuiamo a fingere.
Trucchiamo quel che si vede e quello che anche no,
per il timore che scoprano i nostri difetti
e la fragilitá che si nasconde dietro di essi.
C’incalzano l’abbandono, l’angoscia e la fretta…
di modo che ci divora la notte e ci sorprende il giorno
quasi sempre nel luogo sbagliato,
dove un silenzio scomodo
(e un dolore nel petto)
ci rimprovera una volta e un’altra ancora
tutte queste stronzate che facciamo,
le une e gli altri,
adesso e sempre,
piuttosto che star soli.
*tratto da Sangre en las rodillas (il sangue alle ginocchia che è una delle immagini poetiche ricorrenti di questa bambina cresciuta suo malgrado) – uno dei tre libri che ha pubblicato questa magnifica murciana. li trovate qui e io ve li raccomando perchè sono approcciabili anche per chi parla poco lo spagnolo)
per leggerla gratis e conoscere meglio i suoi temi e il suo stile di scrittura ci sono alcune annate di blog da spulciare, che sono gratis
questa è la versione originale (che di sicuro suona meglio):
Con tal de no estar solos
andamos con locos, con idiotas y borrachos,
con mujeres vacías o de moral dudosa.
Mentimos a los padres,
juramos en vano,
entregamos la piel y comprometemos nuestros sueños.
Cruzamos la calle a ciegas
con el primero que nos da la mano.
Con tal de no estar solos
montamos una gran farsa a la que llamamos AMOR
(así, con mayúsculas)
Sacando conejos muertos de una chistera, barajando con trampas nuestras cartas y haciendo trucos malos con espejos
para no darnos de bruces con la realidad
y alejar de nosotros el miedo
a estar solos.
Porque, con tal de no estarlo, o de no parecer que lo estamos
pasamos hambre, despilfarramos dinero,
oímos sin escuchar,
abrazamos sin abarcar,
y nos convertimos en autómatas desesperados,
olvidando lo hermoso que es sentarse a esperar a que las cosas, sencillamente, sucedan.
El olor a jazmín de las noches de verano y el hallazgo inesperado de lo auténtico, que nos ha de encontrar desprevenidos, despojados de artificios, sin adornos, desarmados y tranquilos. Liberados de todo lo que pesa y esclavos de lo vaporoso, lo ingrávido…
Dejarse llevar…
Pero con tal de no estar solos
NI SIQUIERA UN MOMENTO,
seguimos buscando y seguimos fingiendo.
Maquillamos lo que se ve, y lo que no también,
por temor a que descubran nuestros defectos
y la fragilidad que se esconde tras ellos.
Nos apremia el desamparo, la angustia y la prisa…
de modo que nos devora la noche y nos sorprende el día
casi siempre en el lugar inadecuado,
donde un incómodo silencio
(y un dolor en el pecho)
nos reprochan una y otra vez
todas esas tonterías que hacemos,
unos y otros,
ahora y siempre
con tal de no estar solos.
Ana Elena Pena (“Sangre en las rodillas”-2012)