Ieri un tale, nell’intento di accoltellare la moglie, ha ucciso il figlio che si era messo davanti per difenderla, poi, ha ferito in modo molto grave la donna, sfuggita alla morte per l’intervento di un’altra persona che aveva visto la scena dalla finestra. Succede a Remanzacco, pochi passi da Udine.
Il giorno dopo i protocolli, le rappresentazioni, i riti. La storia continua, così, come sempre.
Ecco, di fronte a questi fatti i protocolli tanto strombazzati hanno l’aria di essere incisivi come un due di briscola perchè la violenza degli uomini contro le donne va combattuta là dove nasce, per prima cosa dentro i rapporti e le relazioni di potere fra le persone contestualizzate nel loro habitat culturale.
Nella storia di Elisaveta, per come raccontata dalla cronaca, ci sono bòtte, lacrime e lavoro -quando c’era-; in quella del marito, alcol, violenza, prepotenze e lavoro, -quando c’era. Poi in quella di lei, anche denunce per la violenza del marito, un periodo in una casa protetta, e poi ritrattazione e ritorno a casa fino all’esito dell’altra notte.
Nella strategia dei protocolli ci sono osservatòri sul fenomeno, formazione, coordinamento, collaborazione fra tribunali, forze dell’ordine, aziende sanitarie ecc. ecc. insomma tutta una serie di limature e messe a punto di quello che già c’è in termini di pronto soccorso ed interventi repressivi, la maggior parte orientati a valle.
Poi c’è, non dimentichiamolo, il decreto contro la violenza di genere che è orientato ad intervenire a monte, ed è ancora peggio, perchè porta il vento della repressione e della normazione comportamentale nell’area, a nostro avviso, intoccabile del libero arbitrio di ognuna, in particolare con l’irrevocabilità della querela.
“inutile puntare il dito contro il proprio aggressore e cercare rifugio nei centri antiviolenza, se poi si finisce per tornare sui propri passi e perdonare l’uomo, marito o compagno che sia, vanificando così il lavoro della Procura…” Così la giornalista del MV sintetizza le parole del Procuratore Biancardi …”Ben vengano le denunce per maltrattamenti e violenza, a patto che le donne dimostrino coerenza” sono le parole esplicite di quest’ultimo. Vittime incoerenti. La donna è mobile, anche nelle disgrazie.
Poi, qualcun* suggerisce invece che Elisaveta avesse abbandonata la casa protetta perchè il comune non copriva la convenzione per donne senza figli piccoli, quindi, se ne fosse tornata a casa non proprio per sua iniziativa; il che sarebbe molto grave; alla faccia di tutti i protocolli.
Allora, partiamo dal presupposto che se una donna chiede aiuto, deve poter trovare aiuto, indipendentemente da chi è e da quello che fa; e che la sua scelta di restare sotto protezione o no, denunciare o no, deve essere comunque rispettata.
Detto questo, si può iniziare a discutere.
Torniamo alle parole di Biancardi: “Quando una persona subisce percosse e arriva al punto di scappare di casa, l’errore più grande è proprio quello di tornare indietro. E questo perchè pensare che i violenti cambino era e resta un’illusione”. Sono parole da sbirro. Uno non nasce violento e una non nasce sottomessa.
Intanto, se non siamo lombrosiane, dobbiamo pensare che la violenza si impara; di quella contro le donne, sappiamo quale scuola di vita sia il patriarcato in tutte le sue espressioni passate e presenti. E come l’uomo impara quella violenza, alla donna si insegna la sua complementare: la sottomissione, la debolezza, la sopportazione.
Perchè ci sono ancora libri che si intitolano: “Sposati e sii sottomessa”? Perchè siamo in una situazione paradossale in cui questo sistema preferisce vederti vittima, compiangerti, farti le commemorazioni con le scarpe rosse per i femmincidi piuttosto che vederti incazzata, combattiva, libera nell’orientamento sessuale, forte nella protesta … perchè preferisce il tuo corpo morto piuttosto che il tuo corpo libero?
Poi, a questo quadro, si aggiunge anche chi tenta di colorare i fatti del peggior razzismo o di un osceno nazionalismo; è il turno dei Nazionalisti Friulani,una accozzaglia grottesca di fascisti pronti ad attribuire la violenza alla provenienza moldava del marito di Elisaveta; come se i friulani fossero intonsi.
I loro commenti erano a corredo dell’articolo del Messaggero online. Poi il giornale li ha rimossi. Indigesti perfino a loro.