Stà lì, monumento a se stessa, maestosa, resistente, antica, da forse più di 400 anni.
La quercia mosaica, la quercus suber che regala la sua pelle agli umani per quel materiale magico ed inimitabile, poroso, spugnoso, tessuto respiratorio che chiamiamo sughero.
Era lì prima della fondazione della città di Niscemi, ha resistito al tempo, ai parassiti, alle tempeste, alla storia, ai danni dell’uomo di ieri… a quelli di oggi… forse.
Perchè il Muos, costrutto tecnologico, anche lui con il tronco che si erge da terra, trasmettendo energie e frequenze in una rete di guerra e di morte, sorgerà lì, nella sughereta dove i tronchi centenari hanno captato e ritrasmesso energie di vita, nella casa delle quercie, nella sughereta che ne verrà devastata.
E con lei, tutt* noi. Perchè nulla ormai è più globale di ciò che è locale.
Noi l’abbiamo scoperta l’altro ieri ascoltando la cantata No Muos di Matilde Politi.
Anche lei che ci ha parlato nella lingua antica messa in musica nello stile dei/le cantastorie.
Che meraviglia!
C’è forse un modo migliore per capire a pelle l’offesa ad un popolo e al territorio, la sua rabbia e la sua lotta… se non ascoltandone le ragioni nella sua lingua?
C’è forse offesa e peggiore che pensare il territorio in cui si vive trasformato in “portaerei del Mediterraneo”, come il ministro Mauro vorrebbe la Sicilia in ossequio ai padroni del mondo?
Ci siamo sentite gemellate per questo ed anche per essere, noi pure, terra di colonia americana con la base di Aviano sempre gravida di testate nucleari. Sempre in nome della “sicurezza del globo”, che poi sarebbe la nostra.
Come quando parliamo di femminicidi, con l’assassino che ti gira per casa.
Sicure/i da morire!
-Yankee Go Home!- Sì. Ancora.