da Abbatto i Muri:
Quelle che vedete sono campagne contro la violenza sulle donne.
L’estetica Antiviolenza mostra sempre donne vittimizzate, deboli, inferiori, in perenne richiesta di tutela. Le immagini non mostrano una donna che ce la fa, che si risolleva, reagisce, che è attiva e si ribella. La sua passività viene mercificata affinché lei si affidi, si consegni, diventi un corpo di Stato. La mercificazione rende questa donna un oggetto di Stato funzionale alla legittimazione di carie catergorie di patriarcato.
La donna oggetto (di Stato) è utile a criminalizzare gli stranieri.
A fare dimenticare che il tutore al quale si consegna ti è politicamente ostile.
A criminalizzare l’opposizione a governi e fazioni politiche che vestono gli abiti dei difensori dei diritti universali.
Dunque noi dovremmo lasciarci andare a questo abbraccio (mortale) condito di ipocrisia e buoni sentimenti. Anche se poi, in realtà, le parti cui ci affidiamo, non ci rassicurano per niente.
Le donne che subiscono violenza sono oggetti. Sono utili al marketing istituzionale che viene realizzato ogni volta che si dà notizia di un abuso.
Ogni notizia viene corredata dall’immagine di un’auto delle forze dell’ordine. Il marketing istituzionale viene realizzato perfino quando sono gli stessi tutori dell’ordine a commettere violenze. Tutori di tutori. Sorveglianti di sorveglianti. Comunque in posizione gerarchica superiore a noi, le persone che essi dicono di tutelare. La donna oggetto (di Stato), il corpo indifeso, la vittima vittimizzata, legittima dunque brutalità delle forze dell’ordine. Legittima la repressione e ad essa è funzionale. Non è un caso se quando la donna smette di essere “oggetto” di Stato e diventa soggetto, attivo e autodeterminato, subisce la repressione. Non è un caso perché è il modello di donna oggetto (di Stato) che le Istituzioni promuovono. Non si può disertare quel modello che è spesso etero-normativo. Se lo fai (se diserti) subisco il moralismo e la repressione di chi esige che tu ti faccia “salvare” (per forza) dai tutori.
Tra chi si occupa di violenza sulle donne c’è chi normalizza e ti riconduce, pena la criminalizzazione, al ruolo di vittima/oggetto (di Stato).
Consapevolmente o meno l’effetto prodotto è di totale adesione ad un modello paternalista/autoritario in cui le donne devono essere sempre oggetti/passivi e mai soggetti autodeterminati.
Il punto è che in privato come in pubblico le donne non hanno bisogno di tutori. Il punto è che alle donne oggetto (di Stato) è proibita la rabbia, la possibilità di gestire strumenti senza dover dipendere da nessuno. Il punto è che le donne vittime di violenza privata sono gratificate quando si affidano ai tutori che compiono su di loro violenza pubblica. La tutela in situazioni di violenza “privata” legittima la violenza pubblica che non discrimina alcun genere. La violenza pubblica è fatta di tutela di privilegi contro soggetti discriminati per diofferenza di classe.
La lotta contro la violenza sulle donne è usata per separare povere/precarie da poveri/precari che insieme, sempre più, si riversano nelle piazze di tutto il mondo. La donna vittima/oggetto (di Stato) che non autodetermina la propria difesa è funzionale al neoliberismo fascista e a chi lo promuove e difende. Includendo le donne/ministro che da un lato firmano atti contro la violenza sulle donne e dall’altro realizzano riforme che rubano diritti e smantellano lo stato sociale per chiunque, donne incluse.
La violenza sulle donne, come altre violenze, è figlia di una cultura che mortifica l’autodeterminazione. Mortifica il senso critico, la capacità di dire no, di dissentire, scegliere.
Legittimare soggetti che mortificano l’autodeterminazione di donne, uomini, persone, in nome della difesa del solo diritto delle donne a non essere violate è sbagliato. L’autoritarismo è uno, sempre uguale, chiunque lo eserciti e qualunque sia la sua vittima. Combattere quello privato legittimando quello pubblico è sbagliato.
Perciò la nostra lotta sarà contro ogni autoritarismo, in pubblico e in privato, e sarà una lotta da condurre insieme ad ogni soggetto la cui autodeterminazione è mortificata e impedita.
Contro ogni autoritarismo. Con l’attenzione dovuta ai generi, tanti, alla differenza di classe e di identità politica.
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