Femminismi
La ragazza trovata nel sacco d’immondizia a Napoli? Non è femminicidio!
Categories: Femminismo a Sud

Da Abbatto i Muri:

Il contesto pare essere quello della prostituzione. Così dicono i giornali [Leggi la rassegna stampa]. Ma lei non è stata picchiata selvaggiamente da un tale che l’ha ridotta in coma perché donna, perché prostituta, per il ruolo di genere a lei assegnato. Nel racconto/confessione dell’uomo si parla di una situazione precisa. Lui, definito dai media come ultrà violento, voleva fuggire con una donna che viveva lì. Voleva portare con se’ lei e suo figlio per “farle cambiare vita“. La donna picchiata brutalmente, secondo la sua versione, si opponeva al fatto che l’altra fuggisse via con lui e lasciasse il giro della prostituzione nel quale entrambe erano coinvolte. Quando oggi lui è stato rintracciato c’era con lei la fidanzata con suo figlio e la figlia della donna in fin di vita che si sono portati dietro. Questo è il contesto di cui si legge sulle maggiori testate nazionali dopo uno straordinario e imprudente balletto durato tutto oggi in cui si sono esposte deputate, assessore, sindaci, varie personalità ad esprimere sdegno e cordoglio e bla bla di vario tipo contro la violenza sulle donne.

Il femminicidio non è qualunque delitto che riguardi ogni donna. Il femminicidio è quel delitto che realizza la cultura del possesso. Quando consideri una donna di tua proprietà e la uccidi perché non accetti la separazione e che lei ti dica di no, allora è femminicidio. Diversamente è un crimine di altro tipo. In questo caso, se le cose stanno così come scrivono, se anche si fosse trovato lì un uomo, a tentare di impedire che la ragazza partisse via con l’altro, immagino che sarebbe stato oggetto dello stesso trattamento.

Orrenda in ogni caso la scelta, sperando la vittima sopravviva. Orrendo in tutti i sensi e senza nessuna giustificazione. Tra l’altro se sei grande e grosso e vuoi impedire a una donna di interferire con le tue decisioni ti basta solo fare bau, prendere l’altra donna e andartene. Non la massacri spaccandole il cranio per poi rinchiuderla in un sacco di immondizia senza mostrare alcun rispetto per la vita umana.

E la maniera in cui è data la notizia è di una assurda schizofrenia. Da un lato si parla di questo uomo come il mostro e dall’altro si descrive quasi come fosse quello che voleva salvare lei dal giro della prostituzione. Come se si fosse trattato di eccesso di tutela. Ed è questo che svela la contraddizione di un meccanismo della comunicazione che premia e legittima i tutori a salvaguardia del corpo delle donne invece che l’autodeterminazione delle donne stesse. Questo fa intendere come in questo caso, e immagino che lo si potrà leggere meglio nei prossimi giorni, la stampa oscilla tra la tentazione di dare a questo uomo una medaglia e quella di incriminarlo per tentato – e se la vittima muore per – omicidio. Questo fa capire come la dicotomia tutore/carnefice, dove non si definisce alcuna complessità, dicotomia attorno alla quale ruota quasi tutto il discorso sulla violenza sulle donne, in termini culturali produce aberrazioni che non valorizzano i tentativi delle donne di liberarsi in senso autodeterminato. Tutto il discorso ruota attorno alla cultura patriarcale. Sempre. Incluso il momento in cui i tutori vorrebbero intervenire per salvare donne che non vogliono essere salvate. Ma questa è una parentesi diversa.

Questo, in definitiva, fa capire come il discorso nazionale sulla violenza sulle donne è dedicato alle donne/vittime/martiri il cui martirio esibito viene screditato nel caso in cui la donna vittima di violenza non è esattamente la santa di cui i media e la speculazione politica hanno bisogno per portare avanti il proprio business. Sicché se la donna non è una santa/vittimizzabile, se non rientra nella statistica sul femminicidio, dato che non è funzionale a quel discorso pubblico, diventa ingombrante e imbarazzante e non c’è nessun@, o quasi, che sa dedicare alla violenza in quanto tale, a tutto tondo, quella che si realizza anche in contesti di marginalizzazione sociale in cui le dinamiche di potere e coercizione sono esercitate da più soggetti e in molti sensi, dove non ci sono sante né eroi, dove tutti/e hanno molteplici ruoli, nessun@ dunque che sappia pronunciarsi per tentare di capire come tutto ciò possa non accadere.

Di quanto perciò sia complesso dedicare analisi, di caso in caso, alle vicende che riguardano la violenza e i crimini in cui anche le donne sono vittime, e di quanto bisognerebbe evitare di semplificare e strumentalizzare le faccende per accreditarsi in contesti politici, sociali, mediatici, così come ho più volte scritto, dico ancora. Per illustrarvi la schizofrenia di cui parlavo basta la maniera in cui la notizia viene data, tra le altre testate, da Repubblica.

Intanto la maniera in cui si definisce la donna che lui voleva portare con se’.  Sul titolo diventa “l’amica“, un modo come un altro per relegarla ad un ruolo di secondo ordine (amica, amichetta… e la solita semantica dedicata alle prostitute, concubine, amanti). Poi, tra una foto dell’auto della polizia e l’altra, di marketing istituzionale in marketing istituzionale, si descrive la faccenda per come riferiscono, immagino, gli inquirenti, e a corredo ci sta un “uomini che odiano le donne“, un “le deputate del pd: fermiamo l’escalation” (le stesse che si sono astenute dal voto della mozione sulla corretta applicazione della legge 194) e la dichiarazione del sindaco che parla di “una ferita per la città“. Tutto più o meno (ed ero stata ottimista) come lo avevo raccontato in una parodia che potete leggere QUI.

Dei provvedimenti contro le prostitute di cui ha dato notizia l’amministrazione comunale, anzi, contro il degrado del centro storico in cui si definivano le prostitute come impedimento alla riqualificazione dei quartieri, non ha parlato nessuno. E questa è un’altra storia. Oppure no.

femminicidio?

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