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#GenovaG8: non potete archiviare i nostri ricordi e le consapevolezze!
Categories: Femminismo a Sud

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Da Abbatto i Muri:

Alla funzione risolutrice della magistratura in tutta questa storia non ho mai creduto. La verità su Genova non è processuale. La trovi nei racconti di tante compagne e compagni che se ne fregano dei revisionismi e figuriamoci quanto può interessare la decisione, più che scontata, dell’archiviazione di quel che accadde per le strade allora, nel 2001, durante il G8.

Vorrei fare capire, non so se sono in grado, quello che accadde quando più generazioni da quel momento in poi si trovarono in una posizione di irreversibile conflitto con le istituzioni cosiddette “democratiche”. Quel che fu Genova portò alla luce il disincanto, la delusione di tante mani alzate che cercavano una spiegazione alle legnate mentre ancora dopo un morto, Carlo Giuliani, c’era chi diceva “ma io non ho fatto niente… perché mi hanno picchiato?“.

Se quel che ti hanno insegnato è che se ti mollano ceffoni è solo perché tu sei cattiv@ pensi per davvero che il tiranno che ti governa sia dalla parte giusta e quando ti massacra poi non te lo aspetti. Si rompe un patto “io mi comporto bene e tu mi lasci vivere“. Il patto originato già in una situazione di coercizione e sorveglianza con carcerieri che dettano le regole.

Non c’è processo alcuno che possa sanare il fatto che a quel punto è stato chiaro a tante persone quel che prima era chiaro a poche: il punto non è se ti comporti “bene” o meno ma se fai quel che ti dice il governo autoritario che vanta d’esser democratico perché sei tu ad averlo scelto, così ti dicono, per governarti.

Cosa vuoi riparare con un processo, a parte che tentare concretamente di ottenere risarcimento economico dallo Stato per quello che ti hanno fatto. Vuoi riparare forse il fatto che ogni giorno ti raccontano balle dicendoti che devi lottare contro la violenza, sulle donne per esempio, quando in realtà il padre padrone che ti impone tutto si manifesta in quei tutori dai quali tu ti aspetteresti una difesa?

Archiviare il sangue, la paura di morire, il trauma, le urla. Archiviare la disinformazione, il tentativo del carnefice di dare tutta la colpa alla sua vittima. Tu vivi dunque io ti manganello. Tu respiri, manifesti, tu dissenti, tu, maledizione, tu osi una critica ad un sistema sociale regolato per fare in modo che tu non possa criticare proprio un bel niente e ti prendi le legnate.

G8

Archiviare le sciocchezze dette e scritte da chi sposava la tesi del carnefice “è tutta colpa dei blac block“. Già. E’ sempre colpa dei blac block.

Archiviare la frammentazione dei movimenti, quelli un po’ filoistituzionali nel tentativo di prestare sponda alla teoria delle mele marce tra i membri delle forze dell’ordine, come se tutto il sistema fosse sano e chi è chiamato a difenderlo non fosse addestrato alla repressione di qualunque idea diversa di manifestazione di critica e opinione.

Archiviare la divisione tra buoni e cattivi che è quel giochetto che fanno sempre e che forse solo coi #NoTav non gli è riuscito perché la gente, dalla signora 88enne al vecchio montanaro nato e cresciuto in Val Susa, hanno detto che “siamo tutti blac block“. Dividi e impera, così sposti l’attenzione e la prospettiva si riassesta. Non è il sistema che non va ma non va bene che tu poni la tua critica in quel determinato modo.

E’ come dire che ho un marito violento, un patriarca che mi domina, e che fa la divisione tra i suoi figli a seconda di chi lo compiace e gli dice le cose con garbo, senza mai mettere in discussione la sua stessa modalità di dominio, e quelli che non gli riconoscono il diritto di tiranneggiare su tutta la famiglia. Così mentre lo Stato finge di combattere contro il padre padrone in casa tua legittima il padre padrone che esso stesso rappresenta e in effetti è.

Insomma. Possono archiviare quel che vogliono ma quel che proprio non possono archiviare è la crescente consapevolezza che deriva dal fatto che quando guardi in faccia l’autoritarismo che si abbatte su di te non c’è più nulla che possano dirti per convincerti che il mondo che ti impongono sia quel paradiso in terra che vogliono far credere. Vivi in galera, con le parole misurate, i pensieri in concessione e la sorveglianza a tutto campo con l’alibi della tua “sicurezza”. Quello che vedi non è cielo, sole, libertà. E’ la tua ora d’aria in un regime in cui devi essere produttivo/riproduttivo per saziare il capitale tra un consumo e una manganellata quando osi ribellarti a tutto ciò.

Ed è galera senza pareti perché se non respiri, scopi, lavori e compri, non arricchisci i tuoi padroni che sono quelli che pagano stipendi alle tue guardie. Sono campi di concentramento moderni e fatti di immagini e illusioni. E’ Matrix che si interrompe con lo squarcio nella realtà mentre il sangue del tuo amico cola dal suo cranio dopo una manganellata. Dopodiché applicano un reset e un ripristina le condizioni di partenza e il mondo scorre. Tutto scorre. A parte te.

Lavarti la memoria o espellerti dal branco dell’umanità che affida alle istituzioni la propria salvezza è l’ulteriore passo. Tu pensi dunque vaneggi. Tu non dimentichi dunque sei fuori dai giochi.

La memoria è la cosa più rivoluzionaria che ci sia. Del ricordare e raccontare, perché il nostro sapere non si perda. Di noi che a Genova c’eravamo e non c’è verso di archiviarci. Non potete archiviare i nostri ricordi. Proprio non potete farlo.

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