Femminismi
Questioni di confine
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La polvere, aspettare una automobile che ci si carichi.

Venire scortati da due ubriachi del mattino, chissà da quanto, chissà per cosa. Fino alla fermata del bus, aspettare lì, la polvere e il vento e il sole.

Poi l’autobus.

La città di confine con i malfamati più malfamati che abbia mai visto in vita mia.

E l’autobus e il confine e attendere un’ora due ore il passaporto prima dopo durante. Ma che volete?

Dice che ad entrare si importano sigarette facile facile, ma ad uscire da questa fortezza europa, cosa vi preoccupate a fare?

Non avrei mai pensato che i confini polacchi, così poco naturali, fossero tanto più difficili di quelli spagnoli.

E poi tornare indietro. Cinque ore in attesa al confine, fossimo stati in macchina sarebbero state di più. Potevano anche essere dieci, non ti lamentare, dai!

Passare ai raggi x i bagagli, senza che nessuno li osservi. Chi me l’ha fatto fare?

E sempre, ancora, tutto il privilegio della scelta, del passaporto a posto e della faccia pulita. E magari ci abbracciamo anche ogni tanto.

I confini uccidono, stancano, spezzettano, umiliano, per una invenzione tutta umana.

Ma la domanda è: ma chi ve lo fa fare?

No border, no nation, stop deportation.

Dedicato a chi muore nei CIE, a chi è impasticcato, malnutrito, picchiato. A chi è impasticcata, malnutrita, picchiata, stuprata. Dedicato a chi muore sul confine, chi affoga in mare, chi perde tutto per venire nella fortezza. Dedicato alla nostra polvere, alla nostra voglia di stare insieme. Dedicato a gli immigrati che muoiono per le leggi infami dei paesi che li “ospitano”. A Sacco e Vanzetti come a tutte e tutti gli altri.

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