Dalla nostra mailing list arriva qualche riflessione sull’otto marzo.
Le vogliamo condividere con tutt@, sperando di aprire a nuove riflessioni.
Questo è il contributo di Silvia.
Con l’approssimarsi della Giornata della Donna, come ogni anno, si risente da ogni parte l’addensarsi del peggio della cultura buonista e moralista, nonché dei danni da questa fatti anche là dove il buonismo e il moralismo sono programmaticamente rigettati. Per questo sento il bisogno di condividere alcune storie con voi.
Penso ad una prorettrice del mio Ateneo che, nel pubblicizzare un’iniziativa su Simone de Beauvoir, c’invita a riflettere sull’attualità della “violenza sulle donne” parlando solo di femminicidi, come se il problema si riducesse a questo e non fosse invece un intero sistema culturale che purtroppo si esprime anche nel femminicidio.
Penso al comunicato per l’8 marzo in Clarea, pubblicato sul blog, che rimanda la ricorrenza della giornata della donna all’incendio della fabbrica di Triangle in cui perirono le operaie chiuse nello stabile per assicurarsi che non si distraessero dal lavoro. Una mistificazione comune, che non si può imputare a chi ha scritto il comunicato, bensì alla storia che ci viene ripetuta a scuola fin dalle elementari – non perché maestre e maestri siano in cattiva fede ma perché questa è la storia tramandata e da tramandare, la storia che va bene a tutti, con la morte tragica trasversalmente ricordabile.
Perché, se le prime Giornate della Donna sono state istituite a seguito della II Internazionale Socialista del 1907, con date diseguali di paese in paese e di anno in anno, l’8 marzo è un 8 marzo preciso, politicamente tutt’altro che trasversale: l’8 marzo 1917 le donne di San Pietroburgo guidarono una marcia per la città contro l’impegno della Russia zarista in guerra; i cosacchi inviati a reprimere la manifestazione non la repressero, cosa che incoraggiò il moltiplicarsi di proteste che abbatterono il regime zarista. Per questo, nel 1921, la Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Comuniste, alla vigilia del III Congresso dell’Internazionale Comunista, fissò all’8 marzo la «Giornata internazionale dell’operaia». Un 8 marzo non proprio adatto ad accontentare tutti, insomma…
Non meraviglia che ancora nel 2013, con la parola “femminismo” scacco di SNOQ e delle quote rosa e del “voto donna” e della retorica dell’angelo del focolare, si ricordi piuttosto un evento unilateralmente drammatico, quello appunto del 25 marzo 1911 a Triangle. Non meraviglia che ci siamo sentiti raccontare che vicino alla fabbrica bruciata erano in fiore gli alberi di mimosa – anziché che, molto più tardi, i partigiani comunisti si appuntavano la mimosa sul petto per riconoscersi tra loro.
Perfino Wikipedia è molto completa sulla storia vera, ma evidentemente non capita spesso che qualcuno senta il bisogno di andare a controllare.
A ben guardare, il succo della storia è il solito: le battaglie del femminismo e dell’antisessismo non sono trasversali, nascono bensì da una certa cultura politica e, a volerle estendere ad altre, si deformano e denaturano diventando i mostri che ben conosciamo.
Insomma, buon 8 marzo di lotta…!