Femminismi
A proposito del Violence Against Women Act U.S.A.
Categories: Femminismo a Sud

Da Abbatto i Muri:

Di One Billion Rising, iniziativa bipartisan sostenuta negli Stati Uniti da democratiche e repubblicane, ho già parlato QUI e dell’avvilimento che mi produce vedere l’evento strumentalizzato da politicanti candidate alle elezioni ho parlato QUI. Nella pagina facebook dell’iniziativa planetaria campeggiano le facce di 22 Repubblicani rei di aver votato al Senato contro la riapprovazione del Violence Against Women Act, la legge Statunitense contro la Violenza sulle Donne approvata per la prima volta nel 1994. Vorrei approfondire questo aspetto perché quando importiamo una iniziativa bisogna anche capire di quale messaggio politico, che conclusioni, che cultura, che tipo di provvedimenti si fa portatrice.

La legge è punto di riferimento per tutti gli Stati che l’hanno poi ratificata per emanare provvedimenti calati sul locale. E’ un insieme di norme molto dure, repressive, liberticide (indica pene pesanti e privazione della libertà fin dal momento in cui si fa una denuncia) contro i responsabili di crimini violenti contro le donne e altre norme che istituiscono, finanziano, ampliano la rete di servizi e riferimenti istituzionali rivolti a questa materia.

Secondo la descrizione che campeggia sul sito della Casa Bianca VAWA avrebbe migliorato la giustizia penale in risposta alla violenza sulle donne:

– ha rafforzato le sanzioni federali contro i sex offenders (stupratori, pedofili e affini) con una speciale norma contro lo stupro che ha lo scopo di impedire che durante i processi siano usati i passati comportamenti sessuali della vittima per giustificare gli stupratori;

– stabilisce che le vittime, a prescindere dal loro reddito, potranno godere di esami, visite mediche e questioni legali, tipo le notifiche di ordine di protezione, gratuiti;

– stabilisce che alle vittime sia garantita “sicurezza” con un ordine di protezione che può essere eseguito e va mantenuto in ciascuno degli Stati USA.

– stabilisce che sia mantenuto alto il target di azioni penali, condanne, relative a reati contro le donne a partire dalla violenza domestica e per far si che il target sia raggiunto si offrono aiuti e contributi alle forze dell’ordine affinché siano create speciali unità, task force, poliziesche e giudiziarie, che si occupino di questi problemi;

– stabilisce che polizia, giudici, avvocati, debbano essere in grado di rispondere alle richieste di intervento in casi di violenza e per questo stanzia fondi annuali per 500.000 agenti di polizia, pubblici ministeri, giudici, procuratori, e altro personale necessario.

– fornisce alle donne ulteriori strumenti per tutelarle nei territori indiani, dei nativi americani, nei casi di violenza domestica, con la creazione di un nuovo crimine federale che autorizza le polizie ad eseguire la cattura di uomini denunciati senza mandato di cattura.

– VAWA assicurerebbe che vittime e loro familiari abbiano accesso ai servizi di cui hanno bisogno per la propria sicurezza e per ricostruire la loro vita.

– A tale scopo VAWA, per rispondere alle richieste urgenti di aiuto, istituisce la National Domestic Violence Hotline, che avrebbe ricevuto 3 milioni di chiamate e riceverebbe 22.000 chiamate al mese di cui il 92% fatto da persone che chiamano per la prima volta.

– intende migliorare la sicurezza e ridurre la recidività di questi reati con una serie di risposte coordinate ad una rete di servizi che compiono una azione preventiva e in risposta alla violenza sulle donne.

– focalizza l’attenzione sulle esigenze delle comunità svantaggiate con la creazione di un rimedio legale che consente alle immigrate, anche clandestine, di ottenere lo status di immigrata maltrattata che le permette di chiamare la polizia senza essere rimpatriata. Con quello che viene definito un “sostegno” ai governi dei nativi americani e dell’Alaska (per sostegno si intende che esiste un patto di reciproca possibilità di intervento extragiurisdizione: le polizie americane possono bypassare le leggi di tali governi ed eseguire un arresto senza mandato anche in quelle comunità e i nativi americani possono arrestare un americano accusato di violenza su una donna indiana fuori dal proprio territorio).

Infine, sempre secondo la descrizione contenuta sul sito della Casa Bianca, VAWA avrebbe prodotto una diminuzione del tasso della violenza domestica (del 67%), degli omicidi contro le donne (del 46%). Le donne sono incoraggiate a denunciare e le denunce si traducono in arresti immediati. Gli Stati hanno riformulato le leggi contro la violenza sulle donne: il crimine di stupro è stato esteso anche in seno al matrimonio, non è più considerato un crimine commesso solo da estranei. Tutti gli Stati hanno approvato leggi contro lo stalking. Tutti gli Stati hanno autorizzato arresti senza mandato in casi di violenza (perché lì non esiste garantismo e la carcerazione preventiva, anche per chi poi si scopre innocente, è prassi). Gli Stati membri prevedono sanzioni penali nei casi in cui un provvedimento restrittivo viene violato. Più di 35 Stati, inclusi distretti lontani e isole varie, hanno adottato leggi contro la violenza domestica e sessuale, lo stalking, la molestia sul posto di lavoro e queste ultime sarebbero utili a garantire la possibilità che le donne molestate sul posto di lavoro non debbano lasciarlo pagando con la disoccupazione l’abuso subito.

Fin qui quello che dice il sito della Casa Bianca, appunto.

Punto controverso della nuova versione di VAWA, rivisitata in aprile, sarebbe anche il fatto di estendere le norme contro abusi contro la comunità LGBT, con norme di intervento che “tutelerebbero” le native americane a prescindere dalle regole di quelle comunità, con norme che consentirebbero di proteggere le immigrate offrendo loro la possibilità di ottenere visti e autorizzazioni per restare nel caso in cui denunciano una violenza.

I Repubblicani, normalmente, dato il cliché fortemente repressivo e securitario di questo provvedimento, non sono stati contrari alla formulazione della legge. Lo sono oggi più per queste ultime ragioni che per altro. E questa loro posizione ha fatto perdere loro 11 punti in percentuale di popolarità perché la lotta contro la violenza sulle donne è negli Stati Uniti una causa per i diritti umani indiscutibile. Gli Stati Uniti, sedicenti unici detentori del rispetto per i diritti umani branditi come alibi per colonizzare e imporre supremazia economica e culturale in molte nazioni, supponenti nella loro autoattribuita superiorità morale, sono portatori sani di lotta contro la violenza sulle donne in tutto il mondo, salvo poi accettare in Afghanistan che le donne subiscano vessazioni e stupri nei matrimoni ad ordine del nuovo governo fantoccio che hanno sostenuto. In ogni caso, appunto, gli Stati Uniti sono portatori in ogni parte del mondo, inclusi noi qui in Italia, di una loro prospettiva e di una loro lettura del fenomeno. Da quella dipende l’interpretazione di ogni Stato Occidentale o quasi in una colonizzazione che ci costa perché nessuno Stato può sviluppare una propria politica indipendente a tal proposito.

L’Europa, tuttavia, presenta punti di grande distanza nella analisi del fenomeno e nei provvedimenti. I femminismi europei sono molto diversi da quelli americani e le stesse associazioni che si occupano di violenza sulle donne tendono a lavorare molto sulla prevenzione e non apprezzano affatto l’aspetto securitario del problema.

La stessa legge spagnola, che pure formulava tratti simili a quella di VAWA, a parte constatare che non ha sortito alcun miglioramento sostanziale, a parte includere i braccialetti elettronici nel controllo preventivo delle violenze, non prevede registri  pubblici per i sex offenders, castrazioni chimiche per i pedofili, totale lesione della privacy, ossessione del tecno-controllo e della sorveglianza, carcerazioni preventiva, aggravanti per il femminicidio e tutte quelle brutte cose che in Italia, per esempio, sono state usate e sono ventilate da donne di destra e, talvolta, del Pd con l’opposizione delle stesse associazioni che si occupano di violenza, centri antiviolenza inclusi.

L’aspetto securitario però viene importato in modo acritico nelle retoriche antiviolenza che diventano sempre più destrorse e autoritarie da una rete di gruppi e pseudo femminismi, se così li possiamo chiamare, abbastanza atipici per l’Europa, diventati intolleranti, autoritari e proibizionisti contro pornografia e prostituzione, proprio come certe americane, che hanno non solo subìto la colonizzazione culturale da parte dei femminismi autoritari americani ma tendono a marginalizzare, screditare e delegittimare gli altri femminismi libertari e antiautoritari che in realtà, da sempre, rispetto al problema della violenza sulle donne puntano sulla prevenzione, l’osservazione, la cultura più che sulla repressione.

Ad ogni modo nulla di tutto ciò ha a che fare con le motivazioni che hanno spinto i repubblicani a votare contro VAWA. I repubblicani sono quelli che vogliono che la gente proceda in linciaggi e giustizia fai da te, che tutti possiedano un’arma, che gli immigrati siano trattati da carne da macello, che gay/lesbiche/trans siano impalati, metaforicamente, perché attenterebbero al bene della famiglia e della supremazia etero, lo stesso dicono delle femministe, tutte, in generale, e sono per la pena di morte e nelle più recenti manifestazioni di destrismo, la parte repubblicana dei Tea Party, di cui ho scoperto esiste una derivazione anche in Italia, l’antiabortismo, l’islamofobia, la xenofobia e il sostegno alla guerra imperialista e alle lobbies di ricchissimi privilegiati ai danni della povera gente, sono diventati espressione di estremismi talvolta preoccupanti.

Detto ciò provo a sintetizzarvi i motivi addotti dai repubblicani, o meglio, suoi ispiratori in opposizione alla legge:

Perché qualcuno dovrebbe Combattere VAWA?

Votare contro una legge così popolare è costato appunto 11 punti di share ai repubblicani. E nonostante quello che negli USA chiamano backlash gender vengono sfottuti in malo modo per questo. Si ironizza sul fatto che abbiano un talento naturale nel mettersi in cattiva luce e che dopo essersi opposti ad una legge a tutela dei disabili (di cui non so molto e dunque scusate la citazione approssimativa) non gli resterebbe altro da fare che opporsi ad una legge che sia in aiuto agli anziani. E il paragone, tirato fuori nell’articolo linkato che provo a tradurre in sintesi, è abbastanza infelice perché dà l’esatta misura del luogo sociale in cui le donne sono piazzate: tra disabili e vecchi, dunque da tutelare, indifese, bambine, perennemente vittime.

Si spiega che certamente i repubblicani non sono a favore della violenza sulle donne ma gruppi conservatori come il Family Research Council, Heritage Action e Freedom Works hanno sollecitato i deputati a votare contro VAWA. Le obiezioni sono sostanzialmente di tipo ideologico:

– la legge sarebbe uno sbilanciamento inutile da parte del governo federale e rappresenterebbe un attacco femminista ai valori della famiglia.

– una rappresentante del Forum delle donne conservatrici indipendenti, Christina Villegas, e un docente californiano giudicano dannosi i fondamenti ideologici che permeano la legge che secondo lei non sarebbe stata in grado di aiutare le vittime in modo efficace.

– La Villegas ritiene che VAWA sia fondata sulla teoria che la violenza sulle donne sia un prodotto del sessismo e del patriarcato, di uomini che desiderano subordinare le donne conferendo loro uno status sociale inferiore che determinerebbe una disparità tra i generi. La ricerca a proposito di violenza sulle donne però, secondo la Villegas, mostra che la violenza sia originata da molti fattori, che vanno dall’abuso di sostanze stupefacenti ai conflitti coniugali e secondo lei VAWA sarebbe più efficace se concentrasse finanziamenti e attenzione sulle cause accertate della violenza invece che su una generica lotta contro il patriarcato.

Circa l’arresto obbligatorio della persona denunciata, pensata per impedire l’intimidazione della denunciante che l’avrebbe portata a ritrattare le accuse o ad impedire che le accuse fossero prese poco sul serio da ufficiali che spesso rimandavano la soluzione del conflitto agli stessi componenti di quel nucleo familiare (i panni sporchi che si lavano in famiglia), la Villegas ritiene che l’arresto preventivo si ritorca contro le stesse vittime di violenza perché uno studio del 2007 avrebbe rilevato che tali leggi, norme, provvedimenti così repressivi avrebbero causato un aumento degli omicidi. Le donne sarebbero obbligate, dal timore dell’arresto preventivo, a trascinare la questione fino allo stadio ultimo della violenza, per evitare il carcere al coniuge, perché sembra una misura eccessiva in relazione a certe forme di maltrattamento, così come potete vedere in una puntata della serie televisiva Girls, alla sua seconda stagione, quando lei chiama il 911 per togliersi di torno l’ex lievemente molesto e poi si pente perché lo trattano come un criminale.

La Villegas dice che i fondi sono destinati a finanziare iniziative animate dalle migliori intenzioni ma che non sempre sono le scelte migliori per aiutare le vittime.

Altri critici dicono che VAWA è stato un modo per produrre sprechi, frodi, abusi di fondi e contributi a causa della scarsa attenzione alle loro destinazioni. Pare che nel Dipartimento di Giustizia sia emerso che su 22 beneficiari scelti per ottenere i contributi VAWA 21 tra essi avevano violato i termini e non offrivano sufficienti garanzie.

L’altro aspetto critico è rappresentato dal fatto che quest’anno, appunto, la legge consente un intervento, per l’arresto preventivo, anche nelle giurisdizioni dei nativi americani, e consente ai nativi americani di arrestare uomini americani senza mandato. Un patto reciproco di intervento fuori dalle proprie giurisdizioni che consentirebbe di poter arrestare gli uomini americani non-nativi che pensano di poter abusare delle donne indiane impunemente.

I repubblicani però dicono che i tribunali “tribali”, dei nativi americani, non garantirebbero i diritti dell’imputato e che dunque sarebbe impossibile offrire tutele giuridiche per garantire il diritto alla difesa.

Altre novità nella legge di quest’anno sono relative il divieto di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e un ampliamento del programma visto che concede la residenza permanente alle immigrate vittime di abusi. Villegas e altri dicono che questo aprirebbe la porta alla frode migratoria. Nelle udienze al Senato su VAWA, una donna americana ha testimoniato che il marito Czech (Ceco) l’avrebbe falsamente accusata di violenze coniugali al fine di ottenere la residenza quando hanno divorziato. A causa della protezione che la legge garantiva alle “vittime” non aveva la possibilità di fare ricorso per confutare le accuse, sicché a lei hanno persino tolto i figli e li hanno dati in affidamento. D’altro canto i sostenitori della legge dicono che gli immigrati per evitare l’espatrio utilizzano falsi matrimoni e dunque il rischio che le leggi siano aggirate o usate male c’è sempre.

Villegas, comunque, dice che non si oppone ad una legge federale che regoli e stabilisca la protezione delle vittime di abusi. Lei pensa solo che VAWA debba essere migliorata. In particolare La Villegas dice che i repubblicani, che per le loro posizioni vengono così dipinti come negazionisti, misogini e anti-donna, avrebbero potuto compiere un lavoro di miglioramento della legge mirando ad una maggiore efficacia invece che opporvisi del tutto. Poi, conclude, dicendo che avere il coraggio di mettere in discussione i vari pezzi critici di questa norma non ti pone necessariamente in una posizione pro-abuso (questa è una delle critiche più insistenti che spegne il dibattito sulla questione). Secondo lei nessun disegno di legge dovrebbe ricevere un sostegno incondizionato solo perché le sue intenzioni sono nobili e il titolo suona come benefico.

Qui termina il pezzo di articolo/intervista che ho sintetizzato e – spero bene – tradotto. Concludendo che questo dibattito, estremamente complesso nella sua semplicità, per l’Italia, per me, sembra articolarsi su mille contraddizioni. Decidete voi da che parte stare. Io, per mio conto, concordo sul fatto che leggi repressive siano deleterie e che una mancata osservazione delle ragioni dei delitti porta ad una assenza di azioni preventive molto più complesse e impegnative, evidentemente, che non siano l’istituzione di tribunali speciali, violazione della privacy, controllo, task force e finanziamenti a destra e a manca.

Non conosco la situazione americana ma in Italia, per esempio, tanti delitti, che vedono anche donne in quanto vittime, sono commessi per questioni economiche, per dipendenza economica, per una totale assenza di autonomia da parte dei soggetti che diventano così ricattabili.

In Italia perciò, perdonate, ma mi sembra assurdo che una ministra che ha varato una riforma sul lavoro che demolisce lo stato sociale e rende ancora più precarie tante di noi poi però si dia da fare per firmare convenzioni contro la violenza sulle donne. Quasi che la lotta contro la violenza sulle donne, con questi macro interventi generici e repressivi, non sia che l’ultimo degli alibi per non risolvere un conflitto sociale che non è interesse di nessuno risolvere. Voglio dire: se non consenti alle donne di lavorare e avere un reddito come puoi immaginare che possano essere libere di scegliere di lasciare la casa, il cibo, i soldi dell’uomo dal quale dipenderanno se quell’uomo è violento?

E allora la lotta alla violenza sulle donne non solo è un alibi che nasconde politiche terribili che alimentano disuguaglianze sociali ma è anche una strumentalizzazione di soggettività il cui status, di vittime, viene santificato affinché siano legittimate istituzioni che ne traggono giovamento per poter operare controllo, sorveglianza, repressione quando i conflitti sociali, inclusi quelli relativi a disoccupazione e lavoro, esplodono nelle manifestazioni di piazza. Ditemi voi se non è così.

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