Femminismi
“Io Eva, tu serpente”: come media e istituzioni sono complici della violenza sulle donne
Categories: Femminismo a Sud

Ci segnalano e volentieri condividiamo. Da CortoCircuito:

«Dalla donna ha avuto inizio il peccato, per causa sua tutti moriamo.»
Siracide (25, 24)

Stamani appare, sul sito del Corriere Fiorentino, un bando per “selezionare una campagna di pubblicità sociale per scacciare la paura delle donne”. Il titolo, emblematico, è Io Eva, tu serpente: la consapevolezza è mezza salvezza.
Il concorso è sponsorizzato dal Comune di Firenze e dalla Regione Toscana, insieme al Club Soroptimist, che nasce nel 1921 in California, nei primi anni ’50 in Italia, come associazione volta alla creazione di “rapporti di amicizia” fra donne della media borghesia, e si definisce oggi “associazione femminile composta da donne con elevata qualificazione nell’ambito lavorativo“: una sorta di Rotary Club al femminile che accoglie nuove socie esclusivamente per cooptazione, in base alla loro posizione sociale. Soroptimist Italia ha recentemente collaborato, tra gli altri, con il Ministero della Difesa per un’iniziativa su “Le donne nelle forze armate italiane. Diritto o dovere?”.
Non potrebbe essere più evidente la distanza, già in principio, rispetto alle nostre rivendicazioni e alle nostre lotte. Si tratta di una distanza che per noi è immediatamente di classe. Non ci stupiamo, quindi, se analizzando il bando del concorso incontriamo tutt’altro che una spinta verso l’emancipazione della donna.

La breve storia che si richiede di raccontare, attraverso uno spot pubblicitario di 30 secondi, deve “essere capace di evidenziare (…) i principali rischi, pericoli, tentazioni, fragilità delle donne”.
Il bando di questo concorso ci sta dicendo tre cose. La prima è che le donne devono avere paura, perché sono continuamente sottoposte a rischi e pericoli. La seconda è che le donne sono, per natura, instabili, inclini alle tentazioni, e incapaci di resistervi se non le si aiuta. Per la terza ci facciamo aiutare da William Shakespeare, che nell’Amleto scriveva: «Fragilità, il tuo nome è donna!».

Pensiamo che la violenza sulle donne sia poliedrica; pensiamo anche che il comune denominatore delle sue disparate sfaccettature sia da ricercare in una costruzione socio-culturale alimentata quotidianamente dal mainstream. In questo caso il Corriere Fiorentino, promuovendo un’iniziativa del genere, si rende complice di una rappresentazione della donna come incapace di autodeterminazione e autodifesa, dipingendola incline a concedersi alle seduzioni che incontra per la sua strada. Non a caso, il riferimento è dei più banali: Io Eva, tu serpente.

Un altro aspetto interessante della questione è che ci sembra che quest’iniziativa, patrocinata da Comune, Regione e Club Soroptimist, sottolinei enfaticamente la paura e i rischi che le donne si troverebbero quotidianamente davanti.
Siamo convinti che trattare la questione della violenza sulle donne in questi termini significhi alimentare il problema stesso. Questo tema viene strumentalizzato per costruire intorno alle donne e ai loro corpi, con la scusa di porsi a loro difesa rafforzando peraltro lo stereotipo dell’uomo predatore, un modello securitario fatto di strade e piazze vuote, telecamere, pacchetti sicurezza, paura dell’alterità; modello teso inevitabilmente a una disgregazione del tessuto sociale e a un ritorno nel privato, luogo in cui è anzitutto esercitata la violenza di genere. Oltretutto, parlare di tentazioni e fragilità in questi termini non fa altro che alimentare uno schema che tende a colpevolizzare la donna che subisce violenza.

Crediamo che se c’è qualcuno che deve difendere le donne non possano essere altro che le donne stesse riappropriandosi della loro autonomia. Per quanto ci vogliano far credere, le donne non necessitano della protezione del «Padre», sia esso rappresentato dal sesso maschile, dalle forze dell’ordine o dalle istituzioni statali.
Reputiamo anche che gridare all’uomo nero porti solo a un ulteriore frammentazione del tessuto sociale, del pubblico, principale luogo in cui donne e uomini avrebbero la possibilità di sentirsi «sicuri» a rapporti e legami quotidiani che con l’atomizzazione sociale che subiamo oggi vanno sempre di più perdendosi.

(l’immagine è tratta da paura.anche.no, campagna contro il pacchetto sicurezza che si è posta l’obiettivo di indagare le tematiche del controllo, della sicurezza e della paura)

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