Il 21 dicembre ero con gli Inferno, che suonavano il loro ultimo concerto incolumi nonostante le profezie dei Maya. C’era chi mi imbruttiva, c’era chi mi portava regali, c’era chi nonostante tutto mi faceva diventare afasica e stupida. Ero felice, anche quando in una Uno a gpl ci fermavano le guardie. Il 25 dicembre ero al concerto degli Infine, c’era la digestione, c’erano i bassi che mi carezzavano lo stomaco, c’era chi mi imbruttiva e chi rosicava. Io pregustavo un’uscita abruzzese che si fermò in un rifugio a Tivoli, località che non pensavo così amena nella periferia romana, apprezzata dai romani, dagli estensi e dai burini. Ma pure da noi, dai nostri sacchi a pelo che non si sapevano incastrare, da un freddo boia e un fuoco ormai spento. Poi c’è stato lavorare a Capodanno, e poi beccare le sorelle, quanto erano belle ubriache, anche cogli occhi rossi del dopo vomito, e chi mi aveva fatto penare e un ex divenuto libro nelle mani del popolino, mentre io lo avevo stretto nel pomeriggio caldo e assolato di un quartiere noto per un carcere più che grande. E allora ciao a tutte e tutti i detenuti, anche per voi un altro anno, altri giorni, altri minuti senza libertà. E poi trovare tutti ed essere troppo lucida e troppo stanca e buttarsi su un letto e fare l’amore ed era un sacco di tempo che, molto più che da luglio. E mi è rimbombato nel corpo tutto, come un eco di piacere che si ripete. E si è ripetuto il piacere con viennese e cappuccino e poi al cinema, dopo il motorino in due sotto la pioggia come nei film. E salutare qualcuna, qualcuno. Con tutto il sonno negli occhi e una nuova occupazione sotto i piedi.
E via mail, allora baciami, stringimi che poi non ci vediamo più e io torno a chiedermi se sono lesbica se sono adatta. E poi mi manchi, ma ti voglio bene e faremo le nostre vite e io ti abbraccerò di nuovo tra un biglietto e l’altro per un aereo a basso costo.
Immagine da elninodelaspinturas