C’è qualcuno che è sempre più toccabile di qualcun’altro, anzi molto di più, così tanto da essere fracassato a calci e pugni.
Stefano Cucchi deve essere stato uno di questi.
Leggiamo le conclusioni della perizia svolta su incarico della III Corte d’assise di Roma: morto per malnutrizione. Stefano Cucchi è morto di fame!
Ci hanno fatto abituare a tutto, soprattutto a certe verità che, anche se sono evidenti, palesi, provate, non importa, non si possono dire.
Appena ieri si ricordava il quarantatreesimo anniversario della strage di Piazza Fontana, strage di cui ormai si dice “strage senza colpevoli”, e poi c’è chi dice: “strage di stato” e allora si capisce.
Viviamo nel paese dei rimbalzi, dove a un* può capitare di morire per le fatalità più inverosimili che trascolorano in verosomiglianti, poi in quasivere e poi diventano vere come la bugia ripetuta tante volte. Ecco, Stefano Cucchi può aver battuto la testa contro il muro, contro un mobile poi è caduto e così lo spazio fra le vertebre, fino al canale midollare si sono riempiti di sangue… Basta un niente… un “malore attivo” ecco, come quello che buttò giù dalla finestra Giuseppe Pinelli. Ci pensavamo ieri ricordando alcune considerazioni che avevamo fatto sul libro in cui parla la moglie Licia: “Una storia quasi solo mia”, lei ad un certo punto dice più o meno che la giustizia che non c’è mai stata sarebbe semplicemente che tutti potessero conoscere la verità. La verità: i mandanti, gli esecutori, i beneficiari, nomi, cognomi, la verità insomma. A lei non piaceva il carcere, non lo invocava perchè la verità per affermarsi non ha bisogno di essere sostanziata dalla punizione di qualcun*. La verità parla da sè ed a tutt*.
Quando poi un carcere ti restituisce un corpo straziato come quello di Stefano Cucchi dicendo che è morto per malnutrizione hai già capito perchè sul versante di quell’altra tragedia collettiva sono passati quarantatre anni “senza colpevoli”. Qui, è colpa dei medici, hanno detto, come a suo tempo fu colpa di un calcinaccio.