Riceviamo dalla Consultoria Autogestita di Milano e pubblichiamo. Da diffondere!
La Consultoria Autogestita di Milano da oltre diciotto anni si occupa di salute delle donne, fornendo informazioni, indirizzi e supporto
soprattutto per le richieste più problematiche (sia per l’urgenza della
richiesta che per la mancanza di punti di riferimento), come
l’interruzione volontaria di gravidanza.
A questo scopo abbiamo nel tempo messo a punto una mappatura delle
strutture milanesi e dell’hinterland a cui poter indirizzare le donne
con fiducia – strumento tanto più importante quanto più i servizi si
riducono per l’aumentare nei reparti del numero di obiettori di
coscienza.
A Milano peraltro le modalità di accesso per l’IVG sono – caso probabilmente unico in tutta Italia – vincolate ad un assurdo meccanismo di “numero chiuso”: al servizio di IVG di ogni ospedale milanese può infatti accedere solo un numero limitato di donne, numero diverso da struttura a struttura, solo presentandosi in certi orari del giorno, e in genere solo in un determinato giorno della settimana; molto spesso le file per prenotare l’IVG partono all’alba, nella speranza di non essere arrivate troppo tardi. A causa di una vicenda recente occorsa ad una nostra utente dobbiamo prendere atto che l’obiezione di coscienza sta mettendo in ginocchio anche alcune delle strutture “sicure” dove le donne potevano rivolgersi contando su un’accoglienza dignitosa e su tempi di attesa accettabili. La ragazza si era rivolta all’ospedale Bassini di Cinisello per interrompere una gravidanza. Nel corso del day hospital venne a sapere, tra l’altro, che anche in questo ospedale non ci sono più medici non obiettori ma il servizio viene mantenuto grazie a due liberi professionisti esterni alla struttura, riscontrò inoltre una certa “fretta”, espressa da alcuni operatori, per liberare la sala operatoria per altre necessità. Dimessa senza alcuna visita di controllo pre dimissioni, dopo alcuni giorni, a causa di forti dolori addominali ed emorragia, è costretta a recarsi presso il pronto soccorso di un altro ospedale dove viene riscontrato che l’interruzione “non è completa” e viene sottoposta ad un trattamento farmacologico tenendosi eventualmente pronta per un raschiamento, intervento per fortuna poi non necessario, cosa che però non ha evitato alla ragazza una settimana di dolori molto forti ed emorragie.
Un intervento di per sé “semplice e di routine” si è trasformato in una dolorosa odissea di complicanze e postumi vari, che la nostra utente ha sentito il dovere di segnalarci. Dopo quanto ci è stato riferito dalla ragazza, abbiamo chiesto conto della situazione all’Azienda Ospedaliera, nella persona di vari referenti (primario, URP, direzione sanitaria…), chiedendo espressamente una risposta su come si intende continuare a garantire il servizio – peraltro svolto, fino a non molto tempo fa, in maniera eccellente.
Ci è giunta una non-risposta, molto deludente, dal direttore sanitario in cui ci si limita all’inoltro di una breve relazione del primario e di qualche dato sul numero di IVG svolte in reparto nel mese di agosto 2012 . Oltre all’amarezza per l’elusione delle nostre domande abbiamo trovato particolarmente spiacevole la banalizzazione dell’accaduto, soprattutto in merito alle complicanze post-operatorie riportate dalla ragazza: a dire del primario una complicanza “lieve”, per cui ha “solo” dovuto ”prendere qualche pastiglia”, insomma cose che capitano ovunque perché tutto questo baccano? Già, perché tutto questo baccano? Perché quanto è accaduto alla nostra utente, in un ospedale dove fino a qualche anno fa il servizio era eccellente, conferma ciò che continuiamo a riscontrare da anni: l’aumento degli obiettori di coscienza mina il nostro diritto di scegliere e la nostra salute.
Ci siamo prese la briga di spulciare le ultime relazioni ministeriali sull’applicazione della 194: dai dati è evidente che nelle regioni con basse percentuali di obiettori di coscienza, le complicanze post-operatorie sfiorano lo zero, e contemporaneamente nelle regioni in cui è aumentata l’obiezione si ha un’impennata delle complicanze. Quindi è evidente che, anche se viene -sulla carta- garantito il diritto all’interruzione, non viene più garantita un’assistenza completa alle donne. Denunciamo la mancanza di assunzione di responsabilità da parte di tutte quelle direzioni sanitarie che non assumono medici non obiettori e che pensano di poter “tamponare” con qualche medico a gettone. Denunciamo l’assenza, nella legge 194, di una parte che obblighi a garantire il servizio con l’assunzione di medici idonei, che rimpiazzino i medici non obiettori che progressivamente vanno in pensione.
I problemi che le donne incontrano prima, durante e dopo l’IVG non vanno banalizzati, ma vanno eliminati. In molti (soprattutto uomini, strano eh?) non perdono occasione per dire che la legge 194 va modificata: ovviamente in peggio. Per noi l’unica modifica essenziale per tutelare davvero la salute delle donne è una sola: l’eliminazione dell’obiezione di coscienza.
Consultoria Autogestita di Milano
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