La Regione Veneto ha approvato una legge (Legge regionale 27 luglio 2012, n. 27 – disciplinare le iniziative di promozione dei diritti etici e della vita nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie; a questo link il testo integrale della legge) che promuove e garantisce l’accesso di associazioni per la promozione dei diritti etici e della vita, nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie, riconoscendogli pari opportunità di comunicazione.
Tale legge è stata stesa in seguito alla petizione popolare PDL3del 2010 (Regolamentare Le Iniziative Mirate All’informazione Sulle Possibili Alternative All’aborto) promossa dal consigliere Leonardo Padrin, del PDL e presentata dal Movimento per la vita e dai volontari dei centri di aiuto per la vita, in cui si chiede di regolamentare le iniziative mirate all’informazione sulle possibili alternative all’aborto autorizzando l’esposizione di materiale informativo e l’azione divulgativa dei volontari pro-life nelle strutture sanitarie e nei consultori (a questo link il testo della proposta di legge PDL3).
La legge è stata approvata con il pretesto di informare correttamente i cittadini sulle questioni etiche del diritto alla vita e permetterà ed incentiverà di fatto l’esercizio negli ospedali dei volontari del ‘movimento per la vita’ in funzione DISSUASIVA delle donne che chiedono di effettuare un’interruzione di gravidanza.
La legge 194 (22 maggio 1978) prevede già la corretta informazione nella formula dei “consultori famigliari che assistono la donna in stato di gravidanza informandola sui diritti a lei spettanti e contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”, oltre alla possibilità di una “collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita” (Art. 2). E’ evidente quindi l’intenzione della Regione di togliere ai consultori la facoltà di scegliere se avvalersi o meno di tali associazioni di volontariato, e di dare a queste ultime pari competenza e attendibilità del personale medico nell’attività informativa alle donne. Sarà la stessa Regione, tramite regolamento emesso entro i 90 giorni dall’approvazione di questa legge (non è stato ancora pubblicato) a decidere le modalità di diffusione e di divulgazione da parte delle associazioni di volontariato, che devono essere iscritte nell’albo regionale o riconosciute a livello nazionale.
Il movimento per la vita è un’organizzazione confessionale che si propone “di promuovere e di difendere il diritto alla vita e la dignità di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, favorendo una cultura dell’accoglienza nei confronti dei più deboli ed indifesi e, prima di tutti, il bambino concepito e non ancora nato”. Ha tentato in passato di affossare la legge 194 promuovendo un referendum che gli italiani hanno bocciato. Oggi ci riprovano surrettiziamente, entrando direttamente nelle strutture sanitarie.
I consiglieri che hanno votato la legge sono in numero uguale di destra e di sinistra, ovvero 11 della Lega Nord Padania, 11 del Popolo Della Libertà, 11 del Partito Democratico Veneto (resoconto della seduta a questo link). In particolare, si è espressa fortemente a favore, oltre al promotore Padrin, la consigliera del PD Laura Puppato, secondo cui “la Regione deve occuparsi dell’origine e delle cause primarie che portano ancora oggi molte, troppe donne, a dover scegliere la via dell’aborto piuttosto che la nascita di una nuova vita” (comunicato stampa del 19 Luglio: Battuto oscurantismo).
Secondo i dati del ministero della Salute, il Veneto è: 1) al secondo posto in Italia per percentuale di ginecologi obiettori (l’80%); 2) al primo nella graduatoria delle Ivg praticate dopo la 12ª settimana, a causa dei tempi di attesa delle strutture preposte; 3) la regione con i tempi di attesa più lunghi tra la richiesta di intervento della donna ed il momento in cui lo ottiene: il 34% delle donne attende più di 3 settimane; 4) tra le regioni con i tempi di ricovero più lunghi per l’intervento; 5) nessuna delle sue numerose strutture private convenzionate pratica Ivg; 6) costringe il 13,2% delle residenti a rivolgersi a strutture esterne alla Regione.
NOI NON CI STIAMO!
Vogliamo una politica che investa su sanità e stato sociale, e una società in cui la sessualità sia informata e consapevole: non vogliamo vivere in uno Stato che condanna l’aborto e dove vengono attaccati e giudicati i diritti delle donne. A nessuna donna può essere imposta una gravidanza non desiderata né un aborto non desiderato, per questo il diritto di scelta deve essere tutelato: le donne che si rivolgono alle strutture sanitarie devono essere certe di trovare un medico e un’assistenza qualificata, non un guardiano della morale.
Non vogliamo subire la violenza di chi pensa di sapere cosa è meglio per noi: noi decidiamo da sole!
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