Cioè non il carattere, ovvero la connotazione psicologica che distingue ognun* di noi, manca il carattere tipografico, il tasto sulla tastiera, il software che rende possibile quella lettera dell’alfabeto, quella accentazione, quel segno grafico senza il quale non possiamo parlare nella lingua che ci è propria.
Il virtuale che esplode le identità, omologa l’espressività. Parliamo, ovvero scriviamo tutt* in quelle poche medesime lingue, se non in una sola. Con il rischio che alla fine, magari manca il carattere davvero, cioè quella connotazione psicologica che ci rende unic* anche per via della lingua che siamo.
Abbiamo scoperto che oggi è la giornata europea delle lingue.
A noi non piacciono i protezionismi istituzionali, le koinè, le grafie normalizzate… se ci capiamo, scriviamo come parliamo: quante belle sfumature si gustano! Manca il software perchè ciò sia possibile? Lo si può sempre fare, ma in ogni caso, la realtà virtuale è altra cosa da quella reale; con l’una si vola, con l’altra si vive.