ESISTERE VIRTUALMENTE PER AGIRE REALMENTE
Il titolo altisonante è uno stimolo a sostanziarlo, a nutrirlo di contenuti: quelli del passato perchè tutto è cumulativo, e quelli, in forma di ideali, proggettualità, pensieri che stimolano il divenire ed il più banale, ma sempre più difficile, districarsi nella realtà.
Abbiamo vent’anni dumblicamente parlando….
Con questo nome esistiamo dal 1992… e allora, questo è un buon momento; perciò eccoci qua con uno scritto che non è certo un solido documento, anzi, sarà un documento liquido, nel senso che molte parti ancora manterranno un certo livello di indeterminazione, una forma aperta, poche risposte, ancora altre domande … perché nasce da un nostro dis-agio o agio nello stare con un piede per terra ed uno nella rete.
Intanto, non può prescindere da noi come soggetto e da qualche riflessione preliminare sul noi dentro la rete; argomento sul quale si sono versati fiumi di inchiostro, ma del quale qualcosa va ripreso, se non altro perché l’unica cosa che abbiamo ben precisa e certa è che noi vogliamo mantenere la realtà reale (ha ha ha!) come parametro di comparazione e come misura del nostro agire.
DUMBLES: Ma ze vîno tal cjâf? (Cosa abbiamo in testa?)
qui un pò della nostra storia; ci siamo incontrate nel ’92, in continuità con il Collettivo Ecofemminista Friulano.
Quella volta si comunicava con i volantini, i dossier, gli stampati, le fanzine …; l’in-formazione passava per via diretta, di mano in mano e si lavorava direttamente nel territorio in cui si viveva ed agiva.
Poi è venuto il web. Ci siamo entrate nel 2001 come Ecofemminismo, dentro Ecologia Sociale, un sito in html, di cui alcune di noi hanno condiviso la nascita, il paradigma e la progressione. Allora era l’epoca (non ancora superata come pratica di pensiero) dei siti in html (siti e non blog) la cui strutturazione, con modalità ipertestuale, riusciva a dare forma concreta al pensiero complesso, profondo, interdisciplinare, in progress.
Nel 2009 abbiamo optato per il php e, come quasi tutti i siti di movimento, ci siamo trasformate in blog; più facile, più veloce, più omologato. …. ma è di quest’ultimo periodo l’idea di riattivare e riconnettersi all’html, anzi di usare il blog anche come “home page” dinamica e aggiornata dell’html, per recuperare contenuti, percorsi, storia/e, identità.
IL SENSO DELLA RETE
Nonostante lo stare in rete sia ormai un dato di fatto, ci chiediamo ancora che senso ha, per noi, esistere dentro la rete: interagire, studiare, pensare, giocare, fare, … fare politica. E come gruppo politico prendiamo atto che, ormai, si esiste politicamente, solamente se si esiste anche virtualmente, se si ha un minimo di visibilità in rete …
E’ vero che si può fare in rete ciò che non si riesce a fare nella realtà, ma è ancor più vero che il fine ultimo dello stare in rete è (almeno nei nostri intenti) fare meglio e in modo potenziato ciò che già si fa o si andrà a fare nella realtà.
Se poi nella realtà si riesce ad agire in tanti e con lo stesso obiettivo, anche grazie al web, tanto meglio.
Ma è qui che sorgono i problemi.
PROBLEMI POLITICI IN RETE
Per fare un blog si sta poco, gestirlo un po’ di più ))) trasformarlo in cosa utile non sempre riesce; (tenendo conto che oltretutto un blog, molte volte, come nel nostro caso, è una modalità ancora ibrida nel senso che dietro di esso, esiste comunque un collettivo che si confronta realmente) la situazione diventa più complessa e delicata se si vuole dare un senso concreto e stabilire scopi e metodi accettabili a piattaforme, portali o mailing list non funzionali alla comunicazione fra un gruppo di conoscenti… è un’impresa titanica, almeno secondo noi.
Spesso i presupposti di convivenza sono questi:
– storie e provenienze diverse … sconosciute
– modalità e approcci diversi … quasi mai discussi
– sbocchi e finalità diversi … sottintesi, non sempre condivisi
– consapevolezze diverse
– relazioni lontane, immaginarie, instabili … fascino e fragilità insieme.
L’analisi delle realtà nel web è complicata, ha mille forme e sfaccettature (agli esperti l’analisi), in particolare quella delle realtà di movimento, ma una cosa è certa, i problemi di fondo da conoscere, da gestire o da evitare, sono sempre gli stessi, quelli di tutti i gruppi, reali e virtuali e sono questi ad interessarci di più, perchè sono quelli che si insinuano maggiormente nella rete, ancora coperta e permeata da presupposti impliciti di neutralità, democraticità, oggettività, ecc. Non è così. I problemi reali del virtuale sono ancora questi, quelli di sempre: cooptazione, manipolazopne, opportunismi più o meno spinti, infiltrazione, gestione del dissenso, mancanza di garanzia di pluralità, orientamento istituzionale non esplicitato o comunque appartenenze politico partitiche sottotraccia gestite come finalità non dette…
Come fare? Da cosa partire per arginare, almeno un po’, questi problemi, questi “elementi degenerativi”?
MISTIFICANDO LA RETE
Immaginiamo una “rete di movimento” come un luogo utile a confrontarsi, a raccontarsi, a litigarsi e ancora … ad individuare problemi, a porre problemi, ad ipotizzare soluzioni, a risolvere problemi, … generali e di genere;
Immaginiamo una rete antifascista, antirazzista, antisessista;
Immaginiamo una rete cosciente del proprio modo di intessere relazioni;
Immaginiamo una rete con obiettivi e finalità chiare e partecipate;
Pensiamo ad una rete che, almeno nelle basi teoriche di partenza, sia rispettosa di tutte le diversità-identità-ontologie presenti;
Pensiamo ad una rete tessuta in un’ottica di autogestione e di autodeterminazione, non gerarchica;
Pensiamo ad una rete in cui il problema del dissenso e del contraddittorio sia stato risolto;
… wow ))))))))))
DEMISTIFICANDO LA RETE
Usciamo ora da una parziale immaginazione, dalle mistificazioni ingenue e caliamoci nuovamente nella realtà dei gruppi e delle loro problematiche.
In realtà l’uso collettivo e mirato della rete, pur essendo essa stessa costituita da “singole soggettività”, fa di essa uno strumento politico attraverso il quale si propongono idee, si innescano discussioni, si intessono relazioni, predominano delle idee, si eliminano delle altre (sic!!! come????); quindi questo strumento va utilizzato-gestito con un orientamento o con un’altro, in modo cosciente…
Anche utilizzando la rete a “basso impatto” (come luogo di scambio di informazioni, come strumento organizzativo, come mezzo di risoluzione di problemi tecnici basilari, …) è indispensabile fare una minima riflessione, utile ad arginare (all’occorrenza) situazioni in cui, volontariamente o meno, si creano, all’interno della rete, i problemi politici di cui sopra.
Non basta dire che quello non è lo spazio idoneo per discutere perchè, in origine, era nato per un altro scopo. Se, nel tempo, la natura delle cose cambia e il problema nasce, va risolto e quindi va pensato prima. Crediamo sia utile individuare un minimo comun denominatore, una casa comune, nella quale intessere un confronto; un contesto non troppo orientato nè troppo sbilanciato verso una scontata normalità e soprattutto non affidato alla presunta democraticità tecnica del sistema.
Senza questi presupposti, “gli strumenti di aggregazione di contenuti” diventano semplicemente e pericolosamente degli acceleratori di “fenomeni degenerativi”.
La rete, i social media, ecc. non sono, a nostro avviso, nè neutri nè portatori impliciti di democrazia e non basta la policy a regolare metodi e relazioni che sono, per loro natura, della politica.
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UN AMBIENTE VITALE E DESIDERABILE
.La parola “paletti” non è bella, ma bisogna comunque definire, caratterizzare, l’ambito nel quale vogliamo agire ed anche con chi e con chi no; occorre insomma tracciare una inclusività od esclusività del micro-macro cosmo in cui pensiamo di stare bene…
Proviamo a considerare quale potrebbe essere la caratterizzazione di un contesto (rete ecc. ecc.) di movimento nel quale tendiamo a riconoscerci.
Antifascismo: sembra la discriminante che crea meno problemi… perlomeno in area libertaria e femminista, ma non è così, vedi tutto quello che succede quando in nome di un generale “diritto di espressione” si arriva a dare la parola ai fasci (= sdoganamento); vedi la presenza nei comitati ambientali di soggetti di provenienza destrorsa non esplicitata, vedi i tentativi di appropriazione destrorsa di termini come “ecologia sociale”, ecc. ecc. Per ulteriori approfondimenti clicca qui.
Antisessismo: assodato e scontato, anzi elemento pregnante sul versante femminista, ma non lo è affatto su quello del movimento libertario, ancor meno nei contesti dei comitati ambientali, ancora più eterogenei… Per ulteriori approfondimenti clicca qui.
Antirazzismo: forse il “paletto” più condiviso ma mai sufficientemente elaborato. Ed è tutt’altro che facile; con quali sensibilità guardiamo alle altre etnie, culture ecc… ? Anni e anni di autentica autogestione di un centro di prima accoglienza che avevamo allestito a Udine al csa ci hanno mostrato problemi problemi problemi… risolti? Sì, ma anche no…
Antispecismo: può essere un paletto? Ed in che termini, considerato che non tutti i soggetti partecipanti condividono lo “status” di vegetariano o vegano… oppure non problematizzano l’uso di prodotti (alimenti, farmaci, cosmetici …) derivanti da sperimentazione animale ecc.
E se pensiamo ad una rete tessuta in un’ottica di autogestione e di autodeterminazione, non dovremmo forse mettere una demarcazione che preservi da manovre implicite (non dette) ed esplicite verso uno sbocco istituzionale qui inteso come normatività eterodiretta, come incarnazione della gerarchia, come negazione della realtà autodecisionale ?
Questo è uno degli aspetti più problematici e più delicati perché quello che di più (e lo abbiamo vissuto in diverse situazioni di aggregazione politica reale e virtuale) tende a generare, come abbiamo èiù sopra elencato: cooptazione, manipolazione, opportunismi ecc. ecc.
Tutte azioni, queste ultime, che mette in atto anche chi tende ad assumere (o per back ground politico o per “personalità autocentrata”) un ruolo egemonico che comunque il contesto “assembleare” dovrebbe respingere.
Ci si può chiedere se questo, -che in ambito anarchico è una questione senza rilevanza-, sia un problema che si può porre in un contesto eterogeneo…; la risposta a nostro avviso è SI se si guarda all’autogestione.
Forse è un problema che non si può risolvere del tutto a priori perchè ogni battaglia, da quelle ambientali a quelle “per i diritti”, a quelle femministe… trovano una loro modulazione… ma la cosa, il rapporto con le istituzioni in tutte le loro declinazioni, deve essere esplicitato e qui, trova la sua rilevanza il contesto assembleare.
Per quanto ci riguarda, proprio per dare centralità e rilevanza al contesto assembleare, per sgombrare quanto più possibile il campo da tutte le derive energivore, defatiganti e distruttive; per non iniziare sempre daccapo… abbiamo pensato un “protocollo minimo”, una caratterizzazione del nostro ambiente… suscettibile di discussione, revisione, approfondimento, arricchimento, ma intanto con punti per noi imprescindibili; il nostro abito, la nostra attrezzatura per stare nella realtà ed anche nella rete.