Intuendo i meccanismi di deriva innescatisi all’interno di BF, il 26 aprile 2012 abbiamo inviato questo documento, puntuali nel segnalare il problema, ma attente a non infastidire la sensibilità di alcuna realtà presente in rete. Scopo: lanciare una tematica di riflessione collettiva su un problema evidente.
Forse c’è, all’interno di Blogfemministi, una visione della rete molto diversa fra le varie realtà che interagiscono (ovvio !! – per fortuna !!!), tanto da proiettare su di essa obiettivi molto diversi, … forse troppo. Ma a cosa serve una rete, per di più femminista? Che caratteristiche deve avere? Può essere solamente un contenitore? Per quanto tempo? Deve o no, avere dei criteri di partecipazione e di appartenenza condivisi? E se sì, quali? Con quali obiettivi? Solite domande alle quali però è difficile dare risposte e rispetto le quali le pratiche tecnologiche non offrono soluzioni sufficienti.
Pensiamo ad una “rete di movimento” come un luogo sicuramente utile a confrontarsi, a confortarsi, a raccontarsi, a litigarsi e ancora … ad individuare problemi, a porre problemi, ad ipotizzare soluzioni, a risolvere problemi, … generali e di genere; questo, però, deve essere fatto in un’ottica di autogestione, ma anche di autodeterminazione… Se così è, una “rete di movimento”, non può essere percepita, tantomeno utilizzata, come un bacino d’utenza per “farsi la lista” (bisognerebbe dichiararlo subito), per cooptare, per ricondurre tutto allo status quo di sempre.
Sarebbe interessante riuscire a confrontarsi su questi temi e su concetti come “autogestione e autodeterminazione in rete”, anche per cogliere quello slittamento di significato che questi concetti hanno subito, sicuramente nel tempo, ma ancor di più all’interno della rete stessa, cambiandone, a volte, i connotati. Sarebbe fondamentale sapere se le realtà che interagiscono in una rete condividono questi punti oppure no, al fine di porre le basi per una fase più matura del percorso.
In ogni caso, trasferendo esperienze di rete e agganciandoci ad altre realtà di movimento,non sarebbe male pensare alla stesura, in modo condiviso, includente e differenziante, di una sorta di “protocollo minimo” dove si esplicitino le affinità, le basi minime, senza le quali non ha senso fare rete, o meglio, le basi da cui ri-partire per fare rete.
Non bastano le regole della policy, servono quelle della politic e per di più, in entrambi i casi, autodeterminate e autodoterminanti.
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