Femminismi
L’ideologia e la sua messa in opera
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…E, per favore, non venitemi a dire che quello è un individuo isolato, che era depresso e pazzo. Andate prima a leggere i manifesti e le parole d’ordine di Casa Pound, ovvero dei fascisti del terzo millennio, e poi ne riparliamo. Ciò che Casseri ha fatto non è che la messa in opera dell’ideologia fascista. Quella stessa ideologia che hanno contribuito a diffondere in tanti, grazie all’appoggio diretto o indiretto di Casa Pound.” Così  ieri scriveva  Iside Gjergji; concordiamo ed aggiungiamo la riflessione di una compagna su nazifascisti, razzisti e affini, simpatizzanti ma anche ignoranti; quelli che protetti nella loro ipocrisia perbenista non realizzano quanto sia scivolosa la via dalla negazione dell’altro al razzismo, dai cie alla complicità.

Italiani: brava gente?

Riflessioni all’indomani della strage di Firenze

Come tante altre compagne e altri compagni antirazzisti o immigrati, sono profondamente ferita dalla strage avvenuta a Firenze il 13 dicembre. Una strage in cui ci hanno lasciato la pelle due uomini di origine senegalese – Diop Mor e Samb Modou – e altri tre rischiano di lasciarcela nelle prossime ore – Dieng Moustapha, Mbengue Cheikh e Soucou Mor. Una strage il cui autore, Gianluca Casseri, ha un perfetto pedigree fascista: ideologo razzista, antisemita e negazionista, frequentatore di Casa Pound, …

Ma, oltre che ferita, sono anche profondamente schifata dalla viscida ipocrisia che, ancora una volta, si manifesta dopo l’ennesima strage razzista in Italia e a pochi giorni dall’ennesimo raid contro un campo rom. Chi si sbraccia a dire che si è trattato di un folle, chi a dire che il gesto di uno non rappresenta l’Italia e altre simili quanto inutili “amenità”. Peccato che il razzismo sia una pratica quotidiana in questo paese, come possono testimoniare tutte le donne e tutti gli uomini approdati qui dai paesi impoveriti.

Sociologi ed “esperti” vari strabordano oggi sui quotidiani, ma fra tutte queste lacrime di coccodrillo nessuno – dicasi N E S S U N O – che nomini nemmeno lontanamente il nesso che c’è tra l’esistenza dei lager per immigrati in Italia – i Centri di identificazione ed espulsione – e la violenza razzista.

Forse perché la violenza razzista è di destra e antidemocratica, mentre i Cie-Cpt sono stati creati dal centro-sinistra con la legge Turco-Napolitano, dunque sono democratici per sillogismo?

Eppure ci sarà un nesso tra l’esistenza di questi lager di Stato e chi si sente legittimato a dare fuoco a un immigrato che dorme su una panchina o a un campo rom o ad ammazzare dei senegalesi al mercato, no?

Da oltre dieci anni in questo paese si è tornati a convivere con i campi di concentramento (già visti nelle colonie italiane così come in Italia); di decreto in decreto la reclusione in essi si è prolungata – prima due mesi, poi sei, ora siamo a quota un anno e mezzo… – confermando ancora una volta il ruolo che svolgono nella gestione del mercato del lavoro migrante. E se si convive con i campi di concentramento o con le quotidiane stragi di migranti in mare e alle frontiere, perché non si dovrebbe convivere anche con queste altre stragi razziste?

Ditemi: che differenza passa tra chi ha votato la creazione dei lager durante il governo Prodi per poi piangere sui morti di razzismo e Casa Pound che, oggi, ha mandato all’ambasciatore senegalese le proprie “sentite condoglianze” per i morti della strage? Ma ditemelo schiettamente, per favore, e senza farci ricamini intellettuali né salti mortali.

Io, come altri/e compagni/e sono stata denunciata per essere andata sotto ad uno di questi lager senza chiedere il permesso a nessuno. Letteralmente “per aver promosso una manifestazione non autorizzata nei pressi del CIE di via Mattei predisponendo un impianto per la diffusione acustica […] e prendendo la parola” – così suona l’avviso di conclusione delle indagini. Eh già: volevamo comunicare con donne e uomini segregati nei lager della democrazia, far sentire loro la nostra vicinanza a fronte di una reclusione fatta di umiliazioni e violenze quotidiane. Che grave reato in questa democrazia, in questa Italia che “non è un paese razzista”!

Non racconto questo per vantarmi né per vittimizzarmi. E’ solo un dato di fatto. Così come è un dato di fatto che a Bologna siano stati portati a processo – con l’accusa di “associazione per delinquere” 27 tra compagne e compagni per le lotte condotte contro i Cie, oltre che contro lo sfruttamento e le nocività. E prima che a Bologna era già successo a Lecce e a Torino. Ci avevano provato anche a Milano. Insomma, è prassi consolidata.

E vi dirò di più, perché il disgusto è ormai tale da farmi vomitare. E allora è bene vomitare quello che si ha sullo stomaco da mesi.

Premetto che parlo di me non per egocentrismo – come qualche anima stronzetta potrebbe magari pensare – ma perché il femminismo mi ha insegnato l’importanza del partire da sé, ovviamente senza poi fermarsi a sé (quello sì che è narcisismo!). Dunque parto da me per parlare con cognizione di causa.

Chi mi conosce ricorda bene quanto mi sia impegnata sulla questione delle violenze di genere all’interno dei Cie. Ora aggiungo un tassello che ci riporterà in un baleno all’argomento di questa mia riflessione.

Pochi giorni prima che si riuscisse, dopo una lotta estenuante, a far finire l’odissea di una donna nigeriana rinchiusa in uno di questi lager, uno strano personaggio ultracinquantenne viene ad abitare nel medesimo casale isolato in cui mi ero trasferita da un anno, sull’appennino emiliano. Nel momento stesso in cui si presenta mi racconta di essere un ex appartenente a Gladio, e di aver abitato a pochi metri da casa mia a Milano – che scherzi fa il “caso”, eh?! Di lì a poco, con un pretesto, mi mostra la sua pistola.

Non vi sto a raccontare quanto siano stati sereni i mesi successivi. Basti dire che stava nel casale 24 ore su 24, e sulla sua pagina Facebook aveva messo una foto in cui si ritraeva armato di tutto punto e specificava che la sua “attività” era “duce”. Qualche giornale sicuramente lo definirebbe “depresso e isolato”, dato che prendeva anche psicofarmaci…

Chi si occupa da anni di servizi deviati, fascisti e golpisti mi ha poi spiegato che, intorno a quel genere di strutture, hanno sempre gravitato – pur senza comparire nelle liste “ufficiali” – dei personaggi esaltati e “fuori di testa” – appunto: “depressi e isolati” – che magari tornavano utili per certi lavori “sporchi”.

Circa un anno più tardi ho dovuto lasciare di corsa quella casa per mettere in salvo me e le mie gatte, dopo che “ignoti” si erano introdotti in casa mia per ammazzare una delle gatte e farmela trovare nell’armadio al mio rientro.

Se c’è bisogno di prove per dire chi abbia ucciso la mia gatta, bastano certi verbali di polizia per dire che le lotte antirazziste cui da sempre partecipo danno assai fastidio.

Il 12 dicembre scorso, anniversario della strage di Piazza Fontana, nonché giorno che precedeva la strage razzista di Firenze, con le compagne e i compagni sono ritornata sotto al Cie di Bologna. Come sempre la polizia si è schierata con scudi e manganelli.

Ancora una volta leggi fasciste (773/1931) e leggi razziste (40/1998) si sono ritrovate a braccetto per cercare di impedire la solidarietà antirazzista. Sinceramente, non m’importa che mi arrivi un’altra denuncia per aver “osato” portare un saluto a donne e uomini segregati, ma vorrei almeno potermi risparmiare l’ipocrita piagnisteo di chi, di fronte all’ennesima strage razzista, ancora vuole difendere questa democrazia che costruisce lager e accetta, come è avvenuto recentemente a Cuneo, la costituzione in parte civile di Casa Pound in un processo contro alcuni antifascisti. Un processo in cui, fra gli imputati, ci sono anche dei nipoti di partigiani.

Sullo sdoganamento istituzionale e “bipartisan” dei gruppi neofascisti negli ultimi vent’anni ci sarebbe tanto da dire, ma qui mi fermo. Per ora…

Nic

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