Gli E-spot sono la versione ecosessuale del G-spot o Punto G, termine anatomico che definisce una parte della vagina particolarmente ricca di terminazioni nervose. Una zona considerata chiave per il piacere femminile ma dall’incerta esistenza (abbiamo scoperto le sorgenti del Nilo, l’energia nucleare e l’acqua su Marte ma sulla fisiologia dell’apparato riproduttore femminile aleggia ancora un certo mistero… sapevatelo).
Un e-spot é un elemento naturale che per forma, colore, odore, consistenza o temperatura troviamo eccitante o evocativo (qui e qui trovate due valevoli esempi di ricerca visuale ecosex di una delle Post Op).
Il nostro immaginario sessuale tende ad essere antropocentrico e ci porta a riconoscere come e-spot soprattutto elementi che ci ricordano punti sensibili dell’anatomia umana.
É il caso dell’immagine che illustra il post: la collina detta Marmilla (mammella) con in cima le rovine del castello di Las Plassas. Roccaforte di confine del Giudicato d’Arborea, su cui regnó nel XIV secolo Eleonora, ultima giudicessa sarda e promulgatrice della Carta de Logu, uno dei primi esempi di Costituzione al mondo)
La forma conica della collina é quella dei seni che mi piacciono e passandoci a fianco m’é uscito un sospirone.
Ancora ignara della lezione ecosessuale ho pensato semplicemente: Madremia, ma sono proprio una maniaca…
Ignoravo che il toponimo millenario della collina – Marmilla, che da’ nome a tutta la zona circostante – fa riferimento inequivocabilmente al seno. Chissá quanta gente prima di me avrá sospirato davanti a quel paesaggio…
Il seno era libero e visibile nel folklore della Sardegna precattolica, mi raccontavano quest’estate al [Luogo Misterioso]. Il costume tradizionale infatti non prevedeva la camicia: i seni erano all’aria e ballavano nelle feste paesane (non sono riuscita a sincerarmi della veridicitá di questa affermazione, ma mi piace crederci – ovviamente se ne sapete di piú illuminatemi).
Le donne di Moju Manuli, illustratrice e street artist sarda, portano il vestito tradizionale completo di camicia ma rappresentano comunque un paradosso in una societá che non ha un nome per definirle (in sardo non esiste un equivalente della parola lesbica)
In italiano esistono diversi termini che si riferiscono all’omosessualitá femminile, che comunque rimane un fenomeno quasi invisibile. Le lesbiche pubbliche si contano sulle dita di una mano e manca completamente un immaginario popolare di donne che amano donne.
Qualsiasi donna un po’ fuori dai canoni é chiacchierata come possibile lesbica, ma sono poche quelle che lo rivendicano apertamente o anche solo affermano Sí e allora?
(cosa fanno le Sere d’agosto…)