Sto disegnando i miei contorni. Dopo un anno e passa regalato alla compulsività, a cercare almeno un uomo al mese, riprendere coscienza di me stessa e della mia nudità. Pensare che forse gli uomini nemmeno mi piacciono poi troppo e chiedermi se invece con degli odori di donna addosso sarebbe diverso, meno piacevole.
Intanto sto da sola. Recupero le amicizie che non ho coltivato per andare alle troppe assemblee. Mi sento a tratti abbandonata, come sempre. Forse più del solito perché in attesa di andarmene per un tempo che mi sembra lunghissimo, anche se poi so che non sarà. Mentre mi arrovello ancora sulle mie insicurezze, le spalle storte, la voglia e la paura e la mancanza di soldi per risalire verso le montagne. Anche se poi quello che manca è sempre il tempo.
Tra trenta giorni parto. In questi trenta giorni devo scrivere una tesi, rielaborare ciò che ho trascritto, fare pacchi e pacchetti, salutare tutte e tutti per tutta Italia, rammaricarmi di non esserci al primo appuntamento della stagione nuova e pensare a quanti altri me ne perderò. Sto già a due, forse tre, ma devo iniziare a pensare in un’ottica diversa, nell’ottica di un altro Stato, un’altra città e altre politiche.
Devo respirare a fondo per non perdere la calma.
Acqua e zucchero per non svenire.
Tutto andrà bene, tanto peggio di come andava qui era complicato.
[e qualche fantasma che ancora vola nel cervello, vorrei colpirlo con un chiodo, ma il chiodo mi lobotomizza e basta, non schiaccia altro che le mie sinapsi]