Femminismi
Dalla parte della ?teppa?
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Tratto da Loop 14 :Dalla parte della “teppa”

Lunedì 18 Luglio 2011 12:34
Oggi come allora, in Valsusa come a Genova, sempre dalla parte dei giovani e irruenti ribelli.

Marco Philopat
Dove sono finiti i macellai cileni dI Genova 2001? Quelli che massacrarono a calci in faccia i giovani dimostranti – quelli che portarono le molotov davanti alla Diaz – quelli che pisciarono addosso ai fermati di Bolzaneto? Non sono di certo spariti – qualcuno di loro ha ottenuto persino promozioni, come ricompensa del buon lavoro effettuato. C’è un libro – ACAB di Carlo Bonini – che spiega bene come questa gang si sia rafforzata negli ultimi anni. E l’abbiamo vista all’opera in più occasioni tra stadi e manifestazioni di piazza. Una tra le più recenti è stata l’agguato a Civitavecchia contro i pastori sardi. Eppure in questi giorni – a proposito della manifestazione in Valsusa – ci tocca stupirci ancora una volta per la propaganda degli old-media contro la fantomatica resurrezione della figura del black bloc. Ma è possibile che nessuno si ricordi del G8 di Genova proprio quando ricorre il decimo anniversario? Ma è possibile che nessuno attui un collegamento così semplice?

Oppure bisogna rammentare che, se non ci fossero stati i giornalisti cattolici – anch’essi malmenati dalla polizia sul lungomare genovese -, nulla sarebbe saltato fuori oltre alla ritrita tattica di dividere i buoni dai cattivi che ha unito – ieri come oggi – i cori di tutti i politici e commentatori. Ora – con la crisi che morde le chiappe anche alla classe media – sarebbe il caso di prestare più attenzione alla comunicazione virale della rete – piuttosto che limitarsi ad ascoltare le veline del ministro Maroni, o mandare sul campo inviati speciali, i quali devono sudare ore per trovare almeno un valsusino disposto a schierarsi dalla parte dei poliziotti per poi sperare di vedere rinnovato il proprio contratto semestrale.
Ormai in molti sono consapevoli che in Valsusa siamo di fronte a una violenza ben più grande, quella che solo il denaro è capace di generare – nessuno più crede ai progetti faraonici in questa fase critica, dove anche la gente normale si sta incazzando in maniera esponenziale e non vuole più confrontarsi con le frottole con cui si infarciscono i telegiornali. E allora scende in piazza per difendere i pochi beni comuni rimasti – l’ambiente – la dignità sul lavoro – i diritti inalienabili di un’etica universale e infine per l’uguaglianza. Ai più giovani il difficile compito di porsi in prima linea. È facile leggere gli strilli dei grandi quotidiani online e poi descrivere come parassiti o addirittura criminali coloro che hanno subito il bombardamento a tappeto dei lacrimogeni lanciati ad altezza d’uomo. Tra l’altro, mi dicono che i candelotti si dividevano tipo bombe a grappolo, in cinque o sei pezzi che poi – come stelle ninja – colpivano e laceravano cortecce d’alberi e pelli umane in diverse direzioni. Inoltre il termine parassita mi sembra fu invocato anche da Ben Ali, da Gheddafi e qualche settimana fa pure da Assad in Siria per screditare e criminalizzare i rivoltosi – in quei casi però quella parola assunse un significato del tutto diverso nel nostro teatrino mediatico – o sbaglio? A mio parere parassita è anche il muschio che protegge e abbellisce la pianta dove attecchisce – e che in antico dialetto milanese si chiamava teppa. Ebbene, i cosiddetti teppisti da che parte stanno? Stanno dalla loro parte – e sono mossi esclusivamente dalla determinazione per una lotta che reputano giusta. Vorrei citare i Clash che ai giovani e irruenti ribelli dedicarono una canzone – Rudie can’t Fail – Rudie non può sbagliare – perché a questo punto è necessario distinguere tra i dimostranti che agiscono con la sola forza dei propri corpi e senza alcun tornaconto economico, dagli agenti ben protetti, ben remunerati e in teoria addestrati all’ordine pubblico. Bisogna capire che un sasso lanciato su uno scudo o un casco è ben diverso da un altro lanciato nell’opposta direzione – e che magari va a frantumare calotte craniche coperte al massimo da un berretto di tela. Proprio come dieci anni fa… Carlo con il suo estintore e il rotolo di scotch infilato nel braccio – contro le pallottole dell’agente Placanica. Nei giorni successivi ai fatti di Genova scrissi che a 23 anni assomigliavo in tutto per tutto a Carlo – oggi sono sicuro che molti valligiani e tutti i loro sodali di quella stessa età assomiglino a lui. Credo che questo sia il miglior modo per ricordare Carlo.

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