Oggi è il 15 luglio.
L’11 Luglio 1998 moriva Sole. Il 20 Luglio 2001 moriva Carlo.
Morti sui vent’anni, come diceva quella bella canzone.
(mi fanno un po’ strano queste due foto, qui, così, ma mi dispiacerebbe non ricordarne i volti, anche)
Due assassini di Stato, l’una indotta dalla “giustizia”, l’altro, per mano di infame. Infame e coetaneo, piazzato in un posto in cui non doveva essere per volontà di persone più infami di lui (come funziona bene la delega, per chi non ha voglia di sporcarsi le mani!).
La memoria è un ingranaggio collettivo. La storia di Sole me la raccontò quel tale di cui ogni tanto scrivo da queste parti. 1998: fu atto fondativo della sua storia di militanza, prima vera incazzatura. Per me fu quella di Carlo, quando morivano Sole e Baleno ero ancora troppo giovane per capire, sentire. Muore un partigiano, ne nascono altri cento, sentiamo cantare a volte dai cortei e forse è vero. Anche se poi non fai mai abbastanza, e comunque non li riporti mica in vita. Ma almeno ci parliamo e ricordiamo. Perché è vero anche che sono il racconto e la parola che costruiscono la memoria – la nostra – e la lotta. E quella lotta non riporta in vita nessuno ma almeno fa sentire vive noi.
Parlarsi e guardarsi negli occhi, per non dimenticare, mai.
(odio essere così retorica, ma le parole si ingarbugliano e non escono che in forma di prosopopea militonta, non me ne abbiate.)