Femminismi
“Scopare ogni quattro anni non è avere una vita sessuale, così come votare ogni quattro anni non è vivere in democrazia”
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La citazione è di J. giovane madrileno mobilitato.

Ma siamo proprio sicure che votare sia comunque un esercizio di democrazia? Scopare ogni quattro anni, in fondo, è pur sempre scopare.

Proviamo ad analizzare la situazione italiana.

Ciò che succede in un paese è di norma dovuto alla combinazione di due elementi: la legge e il denaro. La legge dovrebbe indirizzare il denaro a degli scopi. La legge, in democrazia, dovrebbe essere quanto più espressione di volontà e bisogni popolari. Tale espressione dovrebbe essere còlta e formalizzata da chi detiene il potere nelle sue tre forme (legislativo, esecutivo e giudiziario). Solo uno dei tre poteri viene eletto su base popolare. In realtà, dovremmo restringere il termine “popolare” alla classe di cittadini (residenti per talune elezioni, ma più spesso nel senso di dotati di cittadinanza) sopra i 18 anni e che vanno a votare. Elemento non trascurabile, quando chi va a votare è percentuale esigua sulla già limitante percentuale di aventi diritto al voto (in Germania, intanto, alcuni Laender dànno il voto ai sedicenni).

Comunque, si vota solo il potere legislativo, perché è questo che dovrebbe indirizzare, tramite leggi, proprio le risorse, ed eventualmente trovarne altre. Ma è proprio così?

In realtà nel nostro paese, essendo presenti due camere pressoché identiche, le leggi rimbalzano da una all’altra in maniera schizoide e un po’ frenetica, eventualmente per anni. In gergo, si chiama “sistema delle navette”. Si paga lo scotto di un costituente un po’ paranoico sul potere di legiferare, o il pegno a un governo ammorbidente targato DC da riconfigurazioni postbelliche? Non è importante. Fatto sta, che nel paese in cui scrivo, ci si trovi ormai in PERENNE situazione d’EMERGENZA. Emergenze sono i terremoti, le entrate in guerra, la munnezz’ napoletana. Emergenza è il problema dei clandestini. E giù leggi, di sei mesi in sei mesi, perché per più tempo, sarebbe necessaria la ratifica parlamentare. Tali emergenze succhiano soldi statali che spesso incappano nel buco della corruzione. Do you remember Bertolaso (l’uomo-svolta per ogni problema dai rifiuti alle case…peccato che poi se vada a fa i festini!)?

E quando invece le leggi proseguono il proprio iter normalmente, che succede? Succede che l’applicazione viene delegata a poteri locali sempre più ristretti, che effettivamente decidono sulla pratica delle nostre vite, E POI? E poi a ogni potere locale un buco di bilancio e alla fine i comuni si indebitano con se stessi, e le leggi, che magari sono anche buone leggi, non vengono applicate. Ad esempio sei invalido al 100% e non ti danno i 400 euro per l’accompagno. Lo stesso, chiaramente, succede sulle leggi sul reddito di base che sono state approvate in alcune regioni. Altro che welfare sostenibile! Certo, ci sono regioni più fortunate, sia a sostentamento che a fossati di bilancio. Ma di base, direi che in Italia il sistema “federale”, che guardacaso era stato voluto fortemente da un partito che ha molto in comune con i neofascisti, non funzioni poi tanto bene.

Ma non finisce qui! Perché come abbiamo detto, spesso le leggi vengono fatte a livello nazionale tramite decreti emergenziali, ma c’è da dire che lo strapotere governativo va anche a confluire in quell’organismo antidemocratico che è l’UE. L’antidemocrazia dell’Unione Europea non me la invento io, basta aprire qualunque manuale di diritto pubblico per scoprire che è un dato di fatto. Infatti, tale struttura sovranazionale funziona tramite organi collegiali che riuniscono membri degli esecutivi competenti nelle varie materie. Ad esempio, tutti i ministri del lavoro per costruire delibere sui diritti del lavoro. Come ben sappiamo, gli esecutivi non sono elettivi, può, non nel nostro caso, essere elettivo il presidente degli stessi, ma i ministri no. Le delibere però forniscono delle indicazioni generali che poi vanno a incidere sulle politiche effettive statali, perché devono essere applicate tramite leggi che le rendano esecutive. (qui sicuramente sto facendo degli strafalcioni di terminologia perché il diritto pubblico è un ricordo lontano nella mia formazione). Si comprende come tutto ciò sia quanto di più antidemocratico possa esistere.

In Italia, intanto, da anni si mira a un semipresidenzialismo sul modello francese. Il modello francese è nato in un momento di grossa crisi, ai tempi della guerra in Algeria. De Gaulle appellandosi a un codicillo della costituzione, ma andando contro le normali procedure costituzionali, cambiò la carta fondamentale e si diede molti più poteri, per risolvere la situazione. Il modello semipresidenziale francese, non prevedendo la divisione statunitense dei poteri, è molto meno democratico e forse proprio per questo è a quello che si guarda, in un paese in cui, abbiamo già visto, il deficit democratico è alla base delle attuali politiche. Chiaramente tralasciando quanto accade nei media.

Come in ogni momento di crisi, è necessario interrogarsi, oltre che su quello che vogliamo, sulle strutture a cui ci rivolgiamo. Possiamo lottare, chiedere e ottenere molto, dal basso. Ma possiamo anche ripensare quelle strutture che ormai sono fradice dalle fondamenta? Saremo in grado, quando si proporrano dei cambiamenti in senso autoritario, di rispondere colpo su colpo?

(immagine di Alessio Spataro, le altre su Pazzia)

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