La verità è che ho scoperto che andare a teatro mi emoziona più di molte altre cose. La verità è che in questi mesi ho visto Emma Dante inscenare le favolosità spesso drammatiche di travestite e transessuali, Bruce la Bruce dirigire meravigliosamente la voce di Susanna Sachsee e il corpo perfetto di un acrobata, e da ultimo la compagnia Atir in scena per parlare di “epoche straordinarie”, grazie a una suggestione in un’intervista alla regista ascoltata in Visionari.
Il bello di tutte e tre le volte è stato sentirsi parte un po’ della scena. Ricordarsi, tutto a un tratto, che siamo carne e respiriamo insieme. Il cinema è bellissimo, ma una materialità contemporanea è tutta un’altra cosa.
Il Pierrot Lunaire di Schoneberg, diretto da Bruce la Bruce, è diventato un meraviglioso ribaltamento di genere, di significato. L’invidia del pene, da pulsione freudiana è stata rigirata in cruente evirazioni, con tanto di ghigliottina. Mentre Susanna mostrava le sofferenze di Pierrot, allontanato da Colombina solo perché donna, un meraviglioso acrobata con maschera di pelle si esibiva in tutti i suoi muscoli. Ah, l’adorabile vena estetica di Bruce!
Mentre ieri abbiamo riso (e io quasi pianto) nell’ascoltare, nel partecipare a, uno spettacolo sulla resistenza, sul ’68, sull’89. Uno spettacolo intelligente, molto storico, a tratti (i tratti giusti per evitare di farsi prendere da troppo magone) spassoso. Tra una lettera di un condannato e l’altra, o di una condannata, forse le più belle, ci siamo ricordate la resistenza, tra un’assemblea all’Università (così – troppo -simile a quelle di oggi!) e don Milani e Basaglia e le donne, nostre zie che avevano – come noi – paura a parlare in assemblea, ci siamo ricordate le conquiste fatte. Tra una cronaca di repressione e un “potere che tende sempre a conservarsi” e “tutto cambia per poter restare” ci siamo ricordate che bisogna essere così coglioni per non ricordarsi che non ci sono poteri buoni.
Allora grazie delle emozioni, grazie della loro unicità, della non replicabilità della carne.
Grazie anche del sonno che mi porto oggi, perché le trilogie si allungano nella notte e i teatri si svuotano di quelli che devono andare a scuola, ma noi no, e io poi da sola a camminare per Roma barocca in un Maggio che è quasi bello da star male.
(dovrò pur sfogare il mio romanticismo su qualcosa, visto che non lo posso sfogare su qualcun! )