Anche così si potrebbe cantare “Bella ciao”, per ricordare tutte le donne della Resistenza; quelle ignorate dalla storiografia ufficiale, quelle considerate solo marginalmente, quelle “… morte per la libertà” appunto, e quelle che nella loro vita hanno continuato ad essere testimoni di una storia che il revisionismo vuole riscrivere, falsificare, dissipare … il neofascismo cancellare.
Esempio: accade sempre più spesso che indicare una persona come antifascista sia come identificarla con un’attributo negativo; lo fanno le forze dell’ordine, lo fanno i solleciti cittadini quando mafiosamente sibilano all’orecchio del tuo datore di lavoro: “ehi,…guarda che quella è antifascista…” ; come se fosse una minaccia di sovversione delle tanto decantate “istituzioni democratiche”… Scusate, ma non era l’inverso?
Che è successo? Chi ha rovesciato il tavolo?
La storia è lunga, sfaccettata… a proposito di facce, sfacettature e facette ecco l’ultima che arriva da una scuola media del Veneto dove il professore di musica insegna sulle note di facetta nera.
Ed è solo l’ultima, appunto, di una lunga serie di ricomparse di gadget e simbologie, inni e suonerie del regime, messe lì, sulle bancarelle, nelle edicole, nelle sagre e nelle scuole passando per la demenza del festival di Sanremo dove Morandi voleva riproporre Bella ciao insieme con Giovinezza.
Spicciole, diffuse, pesanti e pervasive operazioni di assuefazione per alimentare l’acqua dove il pesce nuota.
Dove un Alemanno coniugato in Rauti, può salire in Campidoglio col saluto romano e intanto piazzare i camerati nei posti appetibili, tanto per restare nella capitale senza allargarsi alla regione dove Polverini sbeffeggia i tunisini, perché occorre tenere caldo anche il must razzista.
Quello poi è il terreno privilegiato delle squadracce che periodicamente e capillarmente incuriano con parole e peggio, immigrati, omosessuali e soggetti non compatibili.
Sicchè, quando l’apologia non la condanna più nessuno, si fa un test politico per vedere se i tempi sono maturi per l’abrogazione di quella norma costituzionale che proibiva la ricostituzione del partito fascista. E’ stata un’uscita che ha il valore di uno sketch, perché si sa che la storia si ripete ma mai nella stessa forma e soprattutto perché il fascismo si è ricostituito da un pezzo nella sua forma di dittatura affaristico-consumista intorno a Berlusconi e nella sua forma intellettuale intorno ai mimetismi ideologici nei quali si fa accalappiare una sinistra ormai culturalmente miserabile.
Non è solo Pennacchi e il suo maccheronico fasciocomunismo, è peggio; è la corrosione sottile che si insinua come l’idea che possa esistere un confronto con quella destra variegata ma tutta irreversibilmente nera che molto furbescamente si mimetizza nei colori del populismo, copia stili al movimento antagonista; simula anticonformismo, nicchia, si ruffiana con i gruppi musicali, strizza l’occhio agli intellettuali e incassa così sdoganamenti e riconoscimenti proponendosi come interlocutrice per il superamento degli estremismi.
L’ultimo grido è la poetessa comunista che con il suo canto della ragazza fascista, dal palco di un centro sociale ci ricorda che: “il sangue nelle vene è sempre quello…”. Brava!
E non si dimentichi che loro hanno la propensione a far scorrere quello delle/degli altre/i.
Come dire che le partigiane, i partigiani,hanno combattuto e sono morti per nulla.
…Il fiore del partigiano, della partigiana, “morti per la libertà”.
No, non saremo noi a dissipare la loro eredità.
Noi faremo Resistenza.
Restiamo antifasciste!