Femminismi
on my shoulder ovvero forse ce la faccio
Categories: One Woman Show
mi sveglio e in mente ho

forte e fiera pure del fatto che qualcuno mi ha cercato su FB (sorry lo che è una parolaccia ma anche no certe volte) in quanto segue/iva vista la durata della mia assenza, mi accingo a rimettere mano più assiduamente a questo vecchio onorato blog.

intanto in questi ultimi lesi sono stata assorbita da innumerevoli cose: primo ho deciso di “riqualificarmi” per l’ennesima volta e cambiare completamente il mio lavoro, l’ambiente, le prospettive ecc. risultato?

sono poverissima lo stesso, ma almeno ho la possibilità di essere contenta di quello che faccio, di essere scontenta di non opter fare di più di vedere intorno a me risorse sprecate e buttate al vento senza il minimo imbarazzo, ma almeno non devo abbozzare per mantenere il posto.

e da questo posto che vi scrivo, all’interno di un pronto soccorso nella città in cui vivo c’è uno sportello donna dove quando arrivano in emergenza donne dichiaratamente o probabilmente vittime di violenza ci mandano a chiamare per supportare, sostenere, aiutare la donna in questione.

robetta da poco.

sono chiusa in una stanzetta, vediamo 4X4 con due porte: una nell’accettazione del pronto soccorso, la usiamo per entrare, andarci a fumare una sigaretta, far entrare le donne che ritornano a colloquio da noi dopo l’emergenza; l’altra direttamente dentro il triage, da lì arrivano i medici o gli infermieri a chiamarci, giorno e notte, dalì entrano le donne che hanno finiti di farsi medicare, se vogliono.

ho un camice bianco, con la mia bella targhetta, in ospedale tutto è necessariamente riconoscibile, se voglio girare per i corridoi senza essere buttata fuori da una guardia devo avere il camice.

sul camice c’è scitto il mio nome e quello che faccio “sportello donna” eppure la gente che incontro, chiunque incontro, solo per il fatto che indosso un camice mi ferma per chiedermi la qualunque, il potere suggestivo della divisa.

ho voglia di scrivere e di raccontarvi di sisterhood, che ha rallentato per il caldo asfissiante, le possibilità assai limitate di mettere musica durante l’estate, se non sei super ammanigliato, e anche per un delirio di cose personali da fare o finire.

anche quest’anno sarò ferma immobile nella capitale, anche quest’anno maliderò tutti quelli che sostengono di essere precari e poveri come me, e invece si concedono uno o due viaggi così tanto per cambiare un poco aria.

anche quest’anno mi dirò che è bello restare in città quando si svuota, quando non c’è traffico e casino in giro, quando in 15 minuti sei a al mare e nessuno ti lascia le impronte sulla faccia quando ti stendi.

sì sì infatti.

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