Non sono una che farà la storia.
Sono una retroguardia, le avanguardie le lascio fare agli altri. Alle altre. Io (mi) rifletto solo sui postumi di quanto si fa. Non perché sia più brava, no, sono più fifona. Non lancio pietre alle guardie, che mi fanno spesso più pena che rabbia. Se mi vesto di nero è solo perché dimagrisce e d’inverno attira i raggi del sole.
Non sono una realtà di base.
Mi piace ascoltarle, le realtà di base. Mi piace parlare con la gente bene o male normale e capire a quali domande fa fatica a rispondere. Perché spesso parlo un’altra lingua. Lo so. E questo perché se segui percorsi “autonomi”, e gira che ti rigira sei sempre con quelle persone, perdi l’uso della lingua comune.
Non sono uno sporco impossibile.
Nonostante tutto, provo a mantenermi per quel che è possibile pulita. Non è facile mica. Non è facile non sapere dove andrò a dormire dove andrò a mangiare che diamine di reddito avrò. Se ce l’avrò.
Ho un codice segreto ho un codice cifrato.
Perché alla fine, la prima battaglia è quella interna. E chi diavolo si capisce? Io no di certo. Io vorrei capire perché non mi scollo dalla testa e dal cuore certe incrostazioni. Avrei bisogno di un detersivo di quelli che il calcare lo fanno fuori in un attimo. Avrei bisogno di capire perché chi mi ha fatto male mi è penetrato così a fondo. Avrei bisogno di capire, essenzialmente, qual è l’oscuro motivo per cui IO mi faccio male.
Non sono una vertenza chiusa.
Mi piacerebbe avere la lucidità di non scappare quando sento odore di CS (che in realtà a me in piccole dosi piace anche – quell’odore di scontri e di cinema un poco avanti, un poco indietro) al grido di “mi stanno mutando geneticamente, morirò di tumore entro i prossimi 10 anni!”. Però niente.
Ma la verità è che la mutazione genetica è quella che ti assilla tutti i giorni, quando ti accorgi che ad averti mutata sul serio sono la loro educazione, le loro pubblicità, i loro bunga bunga, i loro default, i loro stupri di massa. E che chi si sta respirando i lacrimogeni è in realtà la parte sana del paese. Quei ragazzi, quelle vecchie, quelle persone, che insieme lottano per cambiare qualcosa. Mentre noi marciamo, putrescenti, nei nostri sogni di retrovia.
Sono come tu mi vuoi.