Sono tempi densi di informazioni contraddittorie, lo sappiamo bene, per tutti i dati, le congetture e le previsioni che girano intorno al coronoavirus; non si sottrae a questo il discorso della violenza contro le donne.
Parliamo di quarantena e perciò di convivenze forzate fra maltrattante (spesso l’uomo) e maltrattat*, spesso donna e bambin*.
Secondo un’organizzazione non governativa, in Cina, durante l’isolamento per coronavirus, in febbraio si sono registrati il triplo di violenze domestiche ai danni delle donne, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
In Italia molti Centri antiviolenza hanno lanciato l’allarme paventando lo stesso effetto a fronte di un lungo periodo di quarantena. Di.Re – donne in rete contro la violenza, aveva scritto alle pari opportunità per chiedere fondi straordinari; non li hanno avuti, né i decreti di Conte nell’elenco delle uscite autorizzate ha contemplato quelle per recarsi ai centri antiviolenza…
Un’idea è venuta al governo regionale delle Canarie con un’iniziativa che ha subito raccolto consensi in tutto il Paese. La campagna “Mascarilla-19”, dal nome in codice che la vittima deve pronunciare se, con una scusa, riesce a liberarsi per un attimo del controllo asfissiante del suo aggressore dicendo che deve andare in farmacia. Basta che chieda una “mascarilla 19” e il farmacista sa di dover avviare immediatamente il protocollo d’emergenza per la violenza domestica. La stessa campagna è stata rilanciata anche in Italia; parola d’ordine: “mascherina 19”…speriamo che i/le farmacist* capiscano.
Di questo periodo le cronache riportano: un femminicidio, il nr.19 (il caso delle volte è perverso) in provincia di Messina, Lorena studentessa di medicina viene strangolata dal suo compagno; il rettore dell’università lo ha definito “Dramma della convivenza forzata”; il 24 marzo invece a Padova una donna è stata massacrata dal compagno a colpi di mattarello. Il titolo del Gazzettino “In quarantena col marito violento. Massacrata a colpi di mattarello. E’ grave”.
In realtà però non si registrano, nonostante “mascherina 19”, nonostante l’ invito istituzionale a chiamare il 1522 e nonostante l’orientamento all’intervento poliziesco diretto con l’applicazione YouPol (canale aperto con la polizia di stato che dalle segnalazioni di bullismo e spaccio è stata estesa anche a violenza domestica), un incremento di denunce di violenza.
Tanti però dai più svariati media ne prevedono l’aumento. Un ossimoro dice qualcuno: un aumento di violenze e una diminuzione di denunce. E’ la quarantena così tremenda? Al punto di non poter fare una telefonata, una uscita per la farmacia, una chiamata ad un’amica? Non lo sappiamo.
La vede in un altro modo Natalia Aspesi (Repubblica 4 aprile2020)“… Un sollievo è che non è più tempo di molestie, perchè i molestatori non hanno materiale e le molestabili sono al sicuro. Forse non ci penserà più nessuno, anche questo un ricatto del fuori e del prima. In Cina, in piena epidemia, erano raddoppiate le richieste di aiuto delle donne chiuse in casa con uomini pericolosi, in Italia per ora meno, almeno così sembra: i maschi violenti si sentono al sicuro, lei non può scappare. Oppure lui è talmente impaurito dal possibile contagio che non le mette le mani addosso e con i guanti è più difficile.”
Al di là della battuta finale, qui è su quel “lei non può scappare”, da noi sottolineato, che va fatta una riflessione.
La quarantena è una gabbia, ma forse per chi era ossessionato dall’esercizio del controllo sull’altr* è un momento di calma, di cessazione dell’angoscia perchè l’altr* non può mollare tutto ed andarsene, rimane sotto stretto controllo, confinat*, reclus*.
Imploderà chi vorrebbe scappare e non può. Lei, per esempio.
La mancanza di una via di fuga è terribile. Genera stress. Lo stress, lo sappiamo, ha un suo percorso biochimico scatenato dall’inibizione dell’azione. Come si può agire quando la fuga è proibita, la convivenza obbligata e l’avversario è più forte? Non c’è partita. Costrette in modo duraturo in una situazione stressante l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene attiva la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress. Con alti livelli di cortisolo nel sangue calano le difese immunitarie e ci si ammala di più.
Ma con il Sars-cov 2, va introdotta un’altra variabile: si è riscontrato che le donne sono meno suscettibili ad ammalarsi di coronavirus e quando si ammalano, guariscono in numero maggiore.
Silvia De Francia, ricercatrice in Farmacologia al Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino, agli studi analizzati riporta che questa epidemia incide al 70% sulla popolazione maschile. La differenza è ormonale. Dice De Francia: “Il Covid-19 entra nelle cellule sfruttando un enzima che si chiama ACE2. Questo enzima si è visto, nelle ricerche cinesi, essere molto più espresso nella popolazione maschile rispetto a quella femminile. Relativamente ancora alla biochimica, esiste una marcatissima differenza ormonale: il testosterone, l’ormone tipico dei maschi, sembra attivare il sistema ACE2 e quindi spalancare le porte all’ingresso del virus e all’infezione; gli estrogeni bloccano, invece, il sistema ACE2, un’attività che invece riprende in menopausa proprio quando nella donna si ha un calo della componente estrogenica. La componente ormonale va, inoltre, a giocare un ruolo molto importante nel controllo del sistema immunitario: il testosterone è un ormone di tipo immunosoppressore, mentre gli estrogeni sono immunostimolanti. ….i geni correlati alle risposte del sistema immunitario stanno proprio sul cromosoma X. Quindi, abbiamo una risposta biochimica e una considerazione sulle differenze ormonali e tutto si innesta sulla genetica perché le donne dispongono in doppia copia dei geni presenti sul cromosoma X rispetto all’uomo e quindi hanno delle risposte immunitarie decisamente più forti”
Benvenuta farmacologia di genere! Prima o poi la dovremmo considerare.
Intanto allora abbiamo capito questo: che le donne si ammalano di meno, ma sopportano (e subiscono) situazioni più stressanti. Su quali spalle graverà il carico di cura sempre più pesante di questo periodo?
Gli ormoni femminili contro l’ormone dello stess…
Dobbiamo anche constatare, con un sorriso amaro, che lo slogan “il nemico ha le chiavi di casa”, è diventato acquisizione comune, anche di quelli che insinuavano che il molestatore, lo stupratore il violento venisse sempre da fuori.
No, nella maggior parte dei casi sta in casa, che si esprima con violenza o che sia in stato di quiete perchè la quarantena gli dà le redini del controllo.
Nell’ansiosa speranza che al più presto possibile tutto torni come prima, ci chiediamo che senso ha tornare a quel “prima”.
“Covid-19 è un test di sistema” ha scritto il filosofo Byung-Chul Han; mette a nudo il funzionamento dei meccanismi sociali; in virus veritas, ha scritto più scherzosamente qualcun altro e Silvia de Francia, nell’articolo citato, ricorda che quest’epidemia riporta indietro la vita delle donne di cinquant’anni perchè le ricaccia al puro ruolo di accudimento e cura dei parenti e della casa. Un’automatismo (chi altri se ne dovrebbe occupare?); che non trova altre risposte perchè nulla di diverso si è sedimentato nella cultura del prima alla quale dovremmo tornare.
Ad una cultura altrettanto demoralizzante non sfuggono nemmeno le scienziate che nei laboratori in Italia hanno isolato il coronavirus; nel sentire popolare, denso di atavismo religioso, sono ancora “angeli della ricerca”. Quarant’anni e precarie a vita invece; cè una violenza intrinseca anche nell’accesso di genere alla scienza. E poi ci sono le valutazioni sulle nostre aspettative nei confronti della scienza; anche questo prima o poi dovremo considerare.
La quarantena ci servirà ad elaborare i dati, a fare il punto, a guardare il re nudo, a capire se e quanto siamo in gabbia e forse ad elaborare, nel migliore dei casi, migliori e più efficaci vie di fuga.