Mi avete guardata e ascoltata e c’è chi ha pianto. E io sto ancora un po’ sfranta e non m’era mai capitato. Non m’era mai capitato di leggere in altri occhi i miei occhi. E se li ho letti è perché ci siamo specchiate, perché ci è capitato.
La mia prima volta avevo 17 anni. Non mi volevo molto bene ed ero la tipa cicciottella e goffa, un po’ strana, un po’ zecca. Avevo la mia comitiva di disagiati e ci vedevamo al parco. A me lui piaceva abbastanza. Aveva i capelli lunghi, suonava la chitarra, faceva karate. Pancia piatta, gusti musicali approfonditi, universo genericamente metal. Un giorno, stavamo lavorando per una festa a casa di un’amica, la mia migliore amica, e rimanemmo a casa insieme soli, mentre fuori continuava il ricevimento. Avevamo pantaloni neri e camicia bianca. Stavamo sul divano, fuori c’era un bel sole che veniva dal terrazzo. Lui mi baciò e io ero felicissima. Mi mise una mano intorno alla spalla. Sentii poi la pressione di quella mano. Sentii che voleva andassi giu. Non l’avevo mai fatto. Si aprì i pantaloni. E se dovessi dirvi la verità il suo cazzo non mi piacque. Me lo ricordo lungo e sottile. Comunque pensavo che la prima volta che ne avessi preso uno in bocca sarebbe stato per amore. Al contrario di quando avevo perso la “verginità” in maniera piuttosto casuale. Lui mi mise una mano sulla testa e iniziò a spingere e gli dissi di no. Dovetti dirglielo un paio di volte e lui si rassegnò dopo alcune spinte che mi piegarono il collo e mi costrinsero a risalire. Non me ne andavo perché lui mi piaceva, e mi sembrava di aver finalmente ottenuto quello che volevo. Il più bello della comitiva, che mi baciava, ma voleva gli facessi un bocchino e io no. Alla fine, ma fu molto stressante, si arrivò a una conclusione di compromesso e lui si accontentò di una sega che io gli procurai senza troppa convinzione. Anche se lui mi piaceva e davvero avrei voluto farlo felice e che magari tornasse. Ma lui aveva la ragazza e lo sapevo, e infatti non sarebbe mai più tornato.
La vicenda si concluse con un gesto di lui che non ho più scordato, né raccontato. Con un dito si aprì la fessura del pene, raccolse lo sperma che stava per uscirne e me lo mise sulle labbra. Lo fece rapidamente per evitare che lo fermassi, sapeva che l’avrei fatto, e dissi “che schifo” e lo scansai. Poi lui mi venne sulla pancia, scordando completamente il fatto che di tutta quella storia non avevo tratto nulla, manco una carezza sulla guancia.
Raccontai l’episodio ad alcune persone e nessuna pensò che fosse violenza. Io invece me la vivo ancora così e per anni non ho sopportato carezze sulla nuca.
Poi ti capita di leggere un libro e scrivere un testo e avere voglia di vomitare tutto. Come forse sarebbe stato bene fare all’epoca. Ma ogni cosa ha i suoi tempi.