(un dolce commiato senza pretese)
sono giorni tristi per la comunità dell’attivismo e delle lotte sociali di Barcellona.
domenica scorsa se n’è andato Pablo, uno dei protagonisti più vivaci e instancabili dei movimenti degli ultimi anni.
Quando un vivo s’uccide c’è grande effervescenza fra i vivi. diceva il poeta.
quando un compagno o una compagna decidono di lasciare questo mondo nel petto di chi resta si apre un baratro fatto di rimorsi, rimpianti e un senso di colpa difficili da superare. manca il fiato.
(lo sconforto in spagnolo si chiama desaliento, perché è vero che fatichi pure a respirare, figuriamoci il resto)
soffriamo pensando che dovremmo aver fatto più attenzione, avuto più cura, amato di più e meglio. il suicidio ci interroga sul nostro valore come amici, come compagni di strada e di lotta, come esseri umani.
e ogni suicidio richiama gli altri che abbiamo vissuto da perdenti, con questo dubbio dilaniante – che letto a mente lucida è idiota – del “forse avrei potuto evitarlo”.
ogni vita è quella che doveva essere, io me lo ripeto da un po’ di anni e cerco di crederci. non è un’autoassoluzione facile, è che a certe cose, per quanto ti sforzi, non riuscirai mai a dare una ragione.
la vita di Pablo è stata intensa e anche se lo conoscevo molto poco, non dubito che sia stata piena di amore. impegnarsi per rendere il mondo un posto migliore, alzarsi ogni mattina sapendo che non sarai capace di far finta di niente davanti alle ingiustizie, mettere in gioco il tuo tempo e il tuo corpo per un bene che non è solo tuo, ma di tutte e tutti… io non conosco nessuna forma di amore più grande.
e questo è il mio piccolo omaggio a un grande combattente, che andró a salutare con la valigia in mano tra poche ore, per cercare di riempire questa voragine che mi si è aperta dentro insieme agli altri e alle altre che gli volevano bene, che insieme a lui camminavano e costruivano un’altra vita possibile. piangeró ancora e poi smetterò di piangere e riprenderó fiato, perché la nostra resistenza è fatta anche di questo: tenersi dentro come un tesoro tutti i sorrisi e gli occhi accesi che mancano all’appello.
hasta siempre Culebrae, hasta otra
otras fiestas, otras calles, otras barricadas
questo era Pablo. non piangereste pure voi?
>>>>>>>>>> e per chiudere, visto che l’ho citata, un po’ di poesia (non cura ma consola)
Jacques Prévert – L’orq’un vivant se tue…
(Quando un vivo s’uccide)
Quando un vivo s’uccide’ c’è grande effervescenza fra
i vivi.
Come quando la casa va in fiamme, si battezza il piccolo o si schiaccia il gatto con la carrozzella, per sbaglio.
– Lo vedevamo cosi spesso, col sorriso sulle labbra e il bicchiere in mano, e s’è ucciso, pare incredibile…
– E per quale ragione?
E tutti a trovare una risposta.
Strana domanda poco viva, strane risposte poco vive.
Spesso, gli uomini rivendicano quella che chiamano la Verità: con incoerenza, ma avidamente, i loro occhi implorano la menzogna. Molti vivono di simulacri e per loro questi simulacri sono piu indispensabili del pane, dell’acqua, del vino, dell’amore o dei lacci delle scarpe.
Per fortuna e sfortuna e concorso di circostanze, infanzia privilegiata, caduta da piccolo, insomma una cosa qualsiasi, colui che vuole e può sfuggire a questo spaventoso modo di vivere e che sa che al di là della banchina i biglietti sono comunque validi, dato che non ha preso il biglietto tenta di vivere diversamente, tenta di vivere da vivo.
A volte ci riesce.
E come quel tale dimostrava il movimento camminando, lui dimostra la felicità vivendo felice.
E s’abitua a quella vita.
Ma quasi tutto si schiera contro i vivi vivi.
Ed ecco il Coro sprezzante: “Guardate quello, si lascia vivere senza dar le proprie Ragioni!”
Qualche volta il vivo si stufa.
Qualche volta un essere che adora la vita s’uccide
ancora tutto vivo e morendo sorride alla vita.
Il cavallo che sa calcolare e che s’uccide nel bel mezzo dello spettacolo, in piena pista, il pubblico immagina che abbia fatto uno sbaglio coi numeri e che non possa sopportare un simile disonore.
Bravo cavallo che sa calcolare!
Da piccolo, quando t’insegnavano a frustate a far finta di contare, tu pensavi già alla morte, ma nessuno lo sapeva.
(non ho trovato l’originale in francese)