Qualcuno disse che il suicidio è una soluzione permanente ad un problema passeggero.
Già… Ma bisogna saperlo, averne coscienza ed una forza grande per poter superare il momento terribile che assolutizza un presente che sembra prospettare solo quella via di uscita.
E poi occorre percepire un filo di futuro; perciò la cosa sconvolgente e tristissima è che questo non sia a soli dodici anni.
Ma così sembra essere stato per la ragazza dodicenne che a Pordenone si è gettata dalla finestra.
Si è salvata, guarirà e probabilmente non riporterà danni permanenti.
Ne siamo felici.
Non altrettanto delle reazioni del mondo intorno.
Come spesso accade, la scuola non c’entra, la famiglia non sapeva e tutti guardano ad una legge sul cyberbullismo.
Abbiamo la brutta impressione che succeda un po’ come quando si parla di violenza contro le donne o femminicidio: si guarda ad una legge con i suoi schemi, le vittime, i colpevoli, i reati e tutte le varie sfumature, come se questa potesse risolvere i problemi di una realtà ben più complessa alla quale nessuno ha voglia di mettere mano, nemmeno di provare ad impostare una discussione un minimo indipendente ed onesta.
La legge è rassicurante, sembra mettere le cose a posto, ma la realtà è un’altra cosa; è un magma intriso della cultura che si produce, sono i modelli che si impongono, le distorsioni deformanti, il razzismo, il sessismo, il fascismo strisciante… tutte le cose che accadono ogni giorno e che non si riesce più a decodificare e sulle quali si costruisce un’ipocrisia totale. Al bullismo si contrappongono parole come rispetto e compagnia bella, ma alla sola proposta di un tentativo concreto in questo senso, salta il gioco.
E’ solo un esempio, ma forse sufficiente a capire che così non va, non così si costruiscono gli strumenti per insegnare (ma anche imparare)a rispettarsi, a difendersi, a reagire, a superare un presente cupo che non abbia in una finestra la sola via di uscita.