e a tutte le donne del Kurdistan che combattono.
Sui fronti di guerra per la libertà di popolo e per la libertà di genere, anzi, per la libertà di genere senza la quale non vi può essere piena libertà di popolo.
Venerdì sera Haskar Kirmizigul ci ha spiegato tutto questo, con una passione, e una fatica in più perchè, per problemi di traduzione, lo ha fatto in italiano, ed è stata bravissima.
Certo, forse sono rimasti in sospeso quei concetti ed approfondimenti che per essere spiegati richiedono parole più elaborate, ma crediamo che a tutto il pubblico presente, più di settanta persone, -sala piena-, sia stato molto chiaro l’esperimento rivoluzionario in corso in Rojava.
Nuovo, proprio per il presupposto irrinunciabile della presenza delle donne a tutti i livelli della gestione sociale e politica, per il principio dell’autodifesa, che è anche quello che ha fatto resistere e vincere Kobane contro l’isis; per la prospettiva del confederalismo democratico che si colloca fuori dallo stato nazione nel quale le diversità etnico antropologiche non possono non venire soffocate.
E’ un percorso lungo quello delle donne del Kurdistan, un percorso nel quale si è di volta in volta messo a punto quanto buttare del substrato patriarcale e quanto invece c’è di prezioso nella tradizione e nella storia del vissuto e tramandato… la lingua per esempio.
E’ in questo contesto ribaltato, rivoluzionato, che tutti i problemi della convivenza possono trovare una soluzione nuova, diversa da quelle che ingabbiano la nostra prospettiva: pensiamo alla violenza di genere che qui come sbocco sembra avere il carcere o il nulla: tanta galera o poca sono i parametri sui quali ci obbligano a dibattere.
No, “la legge non basta”, ha detto Haskar, non c’è solo la vittima e il suo carnefice, c’è la collettività, ci sono tutte le donne e gli uomini che si fanno carico e trattano il problema, ci sono le case delle donne certo, ed è una gran cosa, ma c’è soprattutto la coscienza di voler uscire da una storia di prevaricazione con l’autodifesa e l’apprendimento al rispetto ed alla libertà.
La scuola perciò è l’ambito in cui si rimescola anche il sapere che diventa materia di scambio; io insegno ed apprendo, sono docente ed alliev*, alliev* e docente; il sapere deve entrare in circolo, come il sangue in un corpo, da vita e si porta dentro i fatti che sono parte della propria storia.
Una storia anche tanto dura, ha ricordato Haskar, parlando di Sakine fondatrice del PKK assassinata a Parigi nel 2013 assieme ad altre due ragazze; una storia di guerrigliere che dalle montagne guardano ad un futuro più lontano, illuminato dall’antica luce di Ištar e ricreato in una società ecologica più vicina alla natura e più lontana dal dominio.