Amo la mia città “quella del Pasquino che se la ride di voi”, quella dei romani che per essere romani hanno da salì i tre gradini di Regina Coeli, quella degli spazi occupati, ma solo nei momenti in cui sono anche spazi liberi e liberati. Amo le Madonne che ci guardano dagli incroci e proteggono i viaggiatori, ognuna con il suo sguardo benevolo e le sue PGR. La Roma della Roma quando la Roma vince…La Roma dell’Isola Tiberina all’alba.
Ma,
odio la mia città quando mi accorgo, come se ce ne fosse bisogno, che è un covo di fascisti, legati alle mafie locali, legati allo spaccio, al sessismo di strada che non viene dalla strada ma è tale e quale a quello di Berlusconi, Renzi, del carabiniere della porta accanto che dice a chi vuol denunciare una violenza “che vuoi che sia? sarà stato stanco”.
Odio la mia città quando il sessismo trasuda dai muri, negli psicotici, nei datori di lavoro, nei bar, nei loro avventori, nei loro frequentatori, nelle guardie, in chi ti guarda troppo, in chi ti rompe il cazzo, in chi ti vuole male. Sessismo inteso come maschilismo di merda, transfobia, omofobia e chi più ne ha più ne metta.
Odio la mia città quando le famiglie vengono buttate fuori casa prendendole per i capelli, tirando lacrimogeni negli androni, e i dirimpettai tacciono, complici, mentre gli altri soffocano.
Odio il razzismo che porta un ragazzino a rovinarsi la vita uccidendo di botte uno solo perché è pakistano e magari ha fatto un attimo il coatto.
Odio l’impotenza che a volte sentiamo e la gastrite che ci prende le budella in certe situazioni.