Qualche giorno fa, dal blog di Nicoletta Poidimani leggevamo alcune considerazioni sull’arrivo in Italia di Meriam la donna sudanese condannata a morte per apostasia, ricevuta a Ciampino con onori e gran propaganda, ingranaggi di quel dispositivo funzionale all’ennesima celebrazione della cristianità e dell’Occidente neoliberista quali fari di civiltà e salvezza…
Cambiamo aereoporto; da Ciampino a Fiumicino, sempre qualche giorno fa abbiamo assistito a questa scena: un clandestino che approfittando di uno scalo tecnico tenta di fuggire perchè probabilmente privo di permesso di soggiorno.
Il video è riportato qui.
E’ una scena di caccia. Terribile. Narrata nei tg serali così, come un nulla, una cosa un po’ movimentata e curiosa per interrompere la cronaca monotona dei morti di Gaza.
Giustamente Poidimani concludeva dicendo che non appena la storia di Meriam avesse cessato di essere funzionale alla narrazione di vittimità, al bisogno del momento, non farebbe differenza che fosse arrivata con una caretta del mare. Come il fuggitivo dell’aereoporto, come tanti e tante in fuga, condannati a morte da regimi, dittature, guerre o fame.
La vittimologia è una scienza quasi esatta; ha bisogno della vittima utile per costruire una storia fruibile per le coscienze addormentate. Il resto non conta, è nemico/a, cattivo/a, clandestino/a.