Femminismi
#Antiviolenza e l’addestramento al lamento pubblico (ché se non manifesti è tutta colpa tua!)
Categories: Femminismo a Sud

Da Abbatto i Muri:

In Sicilia, come raccontavo qui, conosciamo i cori greci di donne che di mestiere fanno le lamentose in lutto. Assieme alle orfane di familiari defunti arrivano le comari che ripetono un mantra antico. “Figghiuzz@… figghi@… comm’era bedd@… “. Il ruolo della beddamatre santissima fa status ed è auspicato perché la femmina sicula solo questo può fare. Piangere, lamentarsi, semmai lamentare un mancato intervento di protettori/tutori, dove si esige presenza forte a protezione.

Quando ascolto quello che ogni volta si scatena attorno ad una donna vittima di violenza vedo esattamente questo. Un rito, una rappresentazione a magnificare la potenza dei tutori, la cui presenza o assenza potrebbe, secondo le mater dolorosae, cambiare tutto.

Sono cresciuta tra vedove in lutto, eterni salici piangenti, tutte di nero vestite, che riassumevano la scena luttuosa una volta all’anno al cimitero, più per il pubblico (la gente parla!) che per loro stesse. Sono cresciuta dove alla morte succedevano giornate fatte di finestre a filazzedda (socchiuse), perché non può filtrare luce dove c’è il buio, con l’eterno invito a non vestire in modo sconcio perché sennò la gente che potrà mai dire?

Il pianto, la disperazione, il lutto, la celebrazione dell’assenza e l’allisciamento di certe presenze erano prassi. Sono stata addestrata a piangere, lamentarmi in senso rituale, recitare il dolore e trattenere la rabbia. Sono stata addestrata ad affrontare la morte come fosse un destino ineluttabile, qualcosa che prima o poi arriva. Arriva per un uomo che non s’è fatto i cazzi suoi, arriva per una donna che ha risposto male a suo marito. Arriva e basta e quel che hai da fare tu è solamente piangere, al massimo puntare uno sguardo di significativo disprezzo nei confronti di chi si ritiene responsabile, talvolta assumere il linguaggio e la posa delle stesse persone che ci addestravano al silenzio, quelle che ordivano vendette e giustizialismi vari, e a disertare questi contesti, a smettere semplicemente di piangere e cominciare a ragionare e ad arrabbiarsi è chiaro che ti becchi disconoscimenti e scomuniche.

C’è morte che arriva perché un giorno arriva e c’è la morte che si può evitare. E se il rapporto causa/effetto è quella cosa che se tu alzi la testa e tenti di esser liber@ per un attimo allora ti decapitano direi che questo insegnamento lo abbiamo ricevuto da chiunque.

Potrei riassumerla in una storia che è quella di una Maria qualunque. Nasce e cresce in una famiglia patriarcale. Lei diceva delle cose e il babbo, gran lavoratore, riconosciuta come una gran brava persona da chiunque, la puniva. La madre le diceva che se lei non avesse smesso di provocarlo e mancargli di rispetto non avrebbe più potuto neppure lamentarsi.

Lo sai com’è lei…” diceva la signora a suo marito per tentare di attenuare. “Un giorno mi farà rovinare…” diceva lui alludendo al fatto che prima o poi lo avrebbe portato a compiere un gesto violento. “Levamela di torno… allontanala dalla vista dei miei occhi perché sennò le faccio male…” e la moglie, compiacendo la debolezza del marito, allontanava la figliola. Maria è cresciuta con una madre che un po’ la odiava perché la riteneva responsabile del fatto che in quella casa l’assetto e l’equilibrio venissero sovvertiti da quella figlia impenitente. Col senso di colpa perenne perché “se parlo e lui se la prende poi lui va in galera e mia madre e i miei fratelli restano soli e senza nessuno che porta il pane in casa“.

Maria diventò una militante di non-mi-ricordo-cosa e fuori le dicevano che se avesse detto troppo sarebbe sempre stata colpa sua. Sei tu che crei il tuo destino e se vuoi una bastonata o un proiettile non hai che da rompere il cazzo a quella gente e vedrai che ti succede. Gira che ti rigira la colpa è sempre di chi ha qualcosa da dire che non corrisponde all’idea di chi comanda.

Poi fu la volta di una occupazione studentesca, me la ricordo ancora, e dunque arrivò con dei lividi perché nel momento in cui la polizia entrò a sgomberare lei si trovò sulla porta e si prese due bastonate in faccia e sulla spalla. La ragione dei lividi era sempre la stessa: te la sei voluta! Se tu ti fossi comportata bene nessuno ti avrebbe fatto del male. Dunque era sempre colpa sua.

Poi fu la volta di una azione dentro un movimento di militanti xy e dato che mise in discussione il volere del leader la confinarono al margine e le fecero capire che non era più gradita al centro sociale. Ovviamente era tutta colpa sua, di lei.

Dopodiché succede oggi che Maria mi scrive e dice che il centro sociale vuole andare a fare una iniziativa contro la violenza sulle donne e va a farla assieme a quelle cui il patriarcato consente/ordina di combattere battaglie coraggiose contro manifesti inanimati, per poi chiedere al patriarcato di rimuoverli e poi raccontare balle in giro e dire che sarebbe merito delle lotte delle donne.

Vogliono fare una iniziativa con le stesse parole d’ordine di chi ti dice ogni giorno, per qualunque cosa, che in fondo è tutta colpa tua, quando bisogna saperlo che la violenza sulle donne, come qualunque altra forma di prevaricazione, è una violenza contro ogni forma di autodeterminazione.

Maria mi dice che le violenze le conosce tutte e c’è un nesso profondo che le lega ché se non si vede è una cazzata andare in piazza a celebrare riti di alcunché. Perciò quello che si celebrerà è il rito del lutto con le prefiche o le donne a fare cori greci, come è ovvio, solo che invece di dire “figghiuzza bedda etc etc...” ora dicono cose come “chiediamo più certezza della pena…“.

Dopodiché tutte a casa, mi raccomando, a curare familiari, figli e genitori anziani, perché chi vi vuole in piazza alla fine esige che voi vi concentriate sul lavoro che svolgete gratis affidando la vostra protezione a tutori/papponi dello Stato. Tutte obbedienti quando uno che sarà più alto in grado vi dirà che addirittura vorrebbe da voi più leggi forcaiole e più potere per controllarvi anche di più. Tutte convinte che la soluzione sia dividere gli umani tra buone e cattivi dimenticando il fatto che le culture sono convintamente veicolate da chiunque.

Maria perciò dice che alla manifestazione non andrà e fossi in lei, infine, non andrei neppure io. Però poi ride e dice che dalle “compagne” che hanno saputo della sua intenzione è arrivato un gran rimprovero: dato che Maria non vuole essere complice di questi giochetti ipocriti indovinate di chi sarebbe poi la colpa della violenza sulle donne?

Un buon suggerimento utile per tante: de-beddamatresizzatevi… che è meglio ché di fornire ritualità sociale a celebrare i lutti col nostro lamento siamo stanche. Piuttosto la rabbia contro chiunque prevarichi la nostra autodeterminazione. Chiunque. Di qualunque genere…

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