Femminismi
L’antiviolenza che legittima la repressione e la donna oggetto (di Stato)
Categories: Femminismo a Sud

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Da Abbatto i Muri:

Ma voi ricordate la campagna di legalizzazione per la vendita di un’arma come lo spray al peperoncino spacciato come strumento di difesa per le donne che subiscono violenza? Dopodiché viene usato dalla polizia in faccia ai e alle manifestanti (come in Brasile o in Turchia).

Chi guadagna, per la vendita di questi prodotti di “difesa” (offesa) usando come marketing la questione della violenza sulle donne?

Quanti e quali sono gli strumenti repressivi che vengono legittimati e legalizzati in nome della difesa delle donne? Quanto siamo usate noi per dare legittimità a tutori che vogliono più potere repressivo da ritorcere contro chi esercita diritto di manifestare libera opinione e critica?

Se le donne vengono punite perché dicono di no, manifestano una libera opinione, esercitano il diritto di critica e la libertà di scelta, perché quelle che dicono di opporsi alla violenza sulle donne poi non battono ciglio quando vengono approvate norme che limitano fortemente il diritto di manifestazione, sciopero, libero esercizio della libera opinione ed espressione?

Sapete in che consiste l’oltraggio al pubblico ufficiale? Nel fatto che lui ti dà una mazzata in testa, tu gli dici stronzo e il reato lo stai compiendo tu.

Sapete in che consiste il divieto di esporre in pubblico una idea? Un manifesto, uno striscione? Succede che tu vai in piazza e fai un presidio. Esponi un manifesto tipo “nei Cie si stupra” che alla polizia non piace e quel manifesto viene sequestrato. Esponi uno striscione che parla di lotta e ribellione e laicità di pensiero e per “questioni di ordine pubblico” la tua lotta, la tua ribellione, il tuo pensiero laico viene rimosso, censurato, buttato via.

Sapete in che consiste il controllo – per la vostra sicurezza – di spazi reali e virtuali? In una costante lesione della privacy, nella tele/web/sorveglianza di ogni vostro gesto. In una costante ingerenza nella vostra sfera pubblica, privata, personale, sessuale, ove controllarvi, per “salvarvi”, coincide con il moraleggiare le vostre vite, imporvi modelli e ruoli, stabilire che i vostri corpi, la vostra vita, le vostre relazioni appartengono allo Stato. In poche parole significa che siete donne oggetto. Oggetto di Stato.

Quando ciascun@ di voi chiede di chiudere spazi, siti, censurare pensieri, affermazioni – e non sto parlando di cose gravi già perseguite ampiamente dalla legge – legittima l’idea che il pensiero libero sia da trattarsi come una questione di ordine pubblico e che l’ordine pubblico vada garantito censurando il pensiero critico qualunque esso sia.

Che vi siano in giro illuse che pensano che l’unico pensiero censurato sarà quello che per voi è sbagliato è anche plausibile ma che vi siano soggetti politici che della difesa dei diritti hanno fatto una bandiera che si muovono come se non sapessero questa cosa è incomprensibile.

Quel che c’è da sapere è che ogni strumento repressivo messo in atto viene promosso sempre in difesa dei più deboli. Perché lì si realizza il marketing istituzionale. Sulla nostra pelle. Dopodiché il secondo round è far passare i deboli, quando sono autodeterminati e vogliono operare e autogestire proprie soluzioni, resistenze, ribellioni, per terroristi e carnefici e poi massacrarli impunemente. Così si muove il sistema repressivo in tutto il mondo.

Se, per esempio, diciamo di essere d’accordo con lo strumento delatorio proposto a tutela delle donne vittime di violenza domestica, così come da pacco proposta di alfano/cancellieri nel decreto svuota carceri, stiamo legittimando un precedente pericoloso che in giurisprudenza giustificherà la delazione, con conseguente impiego di risorse militari di pronto intervento, in funzione di qualunque cosa.

Che io ricordi era la Gestapo che si serviva di telefonate anonime, la denuncia del vicino, per andare ad arrestare gli ebrei o quelli che venivano spacciati come complici degli ebrei o dissidenti politici in quanto tali, senza processo, indagine preventiva, niente.

Addirittura nel pacco antiviolenza domestica si parla di nuovo, come per il decreto antistupro realizzato putacaso proprio dallo stesso correntone politico pdl/lega, di stranieri e di carcerazione preventiva con una certa leggerezza. E se è giusto pensare alle conseguenze che sulle donne ricadranno a causa di provvedimenti sbagliati e autoritari io mi chiedo quando le stesse donne saranno in grado di elaborare pensieri un po’ meno egocentrati per vagliare le conseguenze su tutto il genere umano, su tutte le persone che saranno private di diritti a partire da proposte e azioni liberticide in loro “difesa”.

La giurisprudenza non viaggia a compartimenti stagni. Quel che tu vuoi perché favorisca te ti si ritorcerà contro prima o poi. A te, alle persone che conosci, perché il punto chiave della faccenda è trovare il modo di ottenere il diritto a dire di no, ad autodeterminare le proprie scelte senza prendere mazzate, che arrivino da uomini, donne, militari, non importa, purché non arrivino.

E se c’è un grave problema culturale che riguarda le questioni di genere non si può ignorare il fatto che le politiche in relazione alle questioni di genere sono originate per fare in modo che le politiche neoliberiste continuino a realizzarsi sulla pelle di uomini, donne, ciascun@ strett@ nel proprio ruolo, nemici in casa ma evidentemente sodali nelle piazze.

Il ruolo delle donne di potere, ricche, borghesi, amiche del capitalismo, che fingono attenzione per le questioni di genere mentre firmano riforme che ci massacrano è quello che svela questa evidente contraddizione.

C’è un pezzo di pseudo-femminismo che supporta il capitalismo, sposta continuamente l’attenzione dal pubblico al privato dove si sostiene che le due cose – violenza privata e violenza pubblica – non coincidano, attua strategie politiche differenti e contraddittorie in relazione all’autodeterminazione di persone, donne, uomini, popoli, rifocilla le tasche dei ricchi legittimati in ogni modo possibile e divide i poveri per vanificarne la forza.

Per me non solo non è possibile avere a che fare con un femminismo pro-fascista/autoritario ma non posso neppure immaginare di interloquire con un femminismo pro-capitalista. Perché le due cose coincidono.

Si chiamano donniste ed è la maggior parte di quel che in Italia ha voce. Purtroppo.

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