Sabato 1 giugno a Gradisca, davanti al Cie ci sarà un presidio manifestazione per pretenderne la chiusura. Tutte le informazioni qui.
Quello qui sotto è il nostro contributo per la giornata.
Lo Stato dei Cie
L’altra sera abbiamo visto il film “Illegal” di Olivier Masset-Depasse (2010); la storia di una donna di origine russa che vive in Belgio; la vicenda di una donna senza permesso di soggiorno, una clandestina quindi, individuata e poi rinchiusa in un Cie.
Al di là della storia personale, che poi è collettiva perchè è più o meno la storia di tante e tanti, ciò che si mostra subito davanti agli occhi ed alla mente di chi guarda, è l’assurdità, la disumanità della condizione di clandestin* e la crudeltà connaturata e direttamente consequenziale della deportazione in quei luoghi di isolamento/confinamento che sono i Cie.
I Cie, prima Cpt nati in Italia con il governo Prodi, con una legge, la 40/1998, votata con appello nominale anche da Rifondazione Comunista, quindi anche da Niki Vendola (ora Sel), (1) rappresentano, oltre le consolidate operazioni di speculazione economica (vedi tutte le truffe ed i ladrocini dei molti che a diverso livello ci campano sopra) (2), e di stoccaggio di manodopera da fornire ai lager di lavoro stagionali ecc., la soluzione dello Stato, degli Stati, per il mantenimento dell’omogeneità della popolazione, per purificarsi dalla incombente eterogeneità -accelerata dalla globalizzazione-, attraverso l’identificazione di chi non possiede cittadinanza, passando per un dispositivo di confinamento prima dell’espulsione.
Queste procedure di confinamento sono messe in atto a partire dalla attribuzione dello status di illegalità a persone che non hanno commesso reati ma che sono solo sprovviste di documenti regolari.
Da ciò si fanno discendere tutta una serie di arbitrarietà legate ad opportunismi gestionali e politici ma anche di orientamento del diritto, se non di un suo annullamento in strutture che costituiscono una zona franca, una terra di nessuno per quel “nessuno” dal punto di vista civile che diviene l’immigrat*.
Per esempio, le ultime direttive dal Documento programmatico sui CIE – Ministero dell’Interno 2013, pur prendendo le mosse da una manovra di alleggerimento con la riduzione del periodo di contenzione da 18 a 12 mesi (probabilmente per le critiche piovute da più parti rispetto all’elusione dei Diritti Umani), prevedono, tra le altre cose: l’adozione di un regolamento unico e l’affidamento ad un unico gestore, se pur con maggiore autonomia decisionale dei prefetti ed un sistema differenziale di isolamento dei violenti e di trattamenti premiali per la buona condotta.
E’ evidente che questi dispositivi si collocano in una prospettiva di consolidamento della strategia di contenzione e ad una sua razionalizzazione.
Onde poi evitare tentativi di fuga nei frequenti casi di ricovero ospedaliero per azioni di autolesionismo è inoltre auspicata la presenza di presidi sanitari interni o convenzioni con Aziende Sanitarie e la formazione di un corpo di operatori professionali addestrati con il contributo dell’amministrazione penitenziaria il che configura sempre più il scivolamento di quello che nominalmente è Centro di Identificazione ed espulsione, qualcosa di comunque, anche se paradossalmente, transitorio, nell’esperimento transiente di un confinamento stabile, che fa di uno stato d’eccezione una tecnica di governo per quelle che Butler nei suoi sinteressanti studi chiama displaced persons, o illegal aliens (3), insomma per quelle persone emigrate dai loro paesi d’origine o nate in paesi in cui non hanno riconosciuto alcuno status giuridico.
Volendo estendere l’osservazione su come interviene il governo statale sulle persone cui non si riconosce intellegibilità giuridica, si può aggiungere una breve osservazione sul dibattito scatenato dalla proposta dell’introduzione dello ius soli lanciata dalla ministra Kyenge.(4)
Intanto, e come era ovvio, si è scatenata la solita canea razzista, in mezzo alla quale ha fatto capolino il buonismo alla Napolitano (fondatore con Turco dei CPT!) sul diritto di cittadinanza; fra i due rimane comunque interessante l’osservazione del presidente del Senato Pietro Grasso il quale preconizzò, come conseguenza dell’ adozione dello ius soli ”…. il flusso di schiere di puerpere” (sbagliò anche il termine), intendeva dire ovviamente partorienti che sarebbero venute in Italia a partorire (5).
Grasso fece questa dichiarazione poco prima che a Roma si tenesse, nel giorno della festa della mamma, la marcia per la vita, manifestazione antiabortista ed implicitamente di enfatizzazione della maternità, perciò, come non leggere anche qui, il bisogno di richiamare la purezza etnica della composizione della popolazione? W la mamma, la partoriente e la puerpera, solo se italiana.
Non è il caso qui di dettagliare le diverse e numerose sfumature e modulazioni che in ogni Stato può assumere la norma ius soli /ius sanguinis per attribuire la cittadinanza (6), rileviamo solamente che in genere anche questo riconoscimento, appartenenza, che si chiama integrazione, si paga con uno spossessamento una riformattazione, una rinazionalizzazione, in sostanza una autocolonizzazione perchè uno Stato per riconoscerti suo cittadino ti chiede l’adozione della sua lingua, la condivisione della sua cultura, il riconoscimento e l’esaltazione della sua storia patria ecc. ecc.
Già la lingua è requisito per l’acqusizione del permesso di soggiorno; come dice Puleo (7) La lingua è fagocitata all’interno del pacchetto di misure securitarie gestito direttamente dal Ministero degli Interni, ed è quella lingua della comunicazione spicciola che è bene addomesticare ai fini del processo di inclusione-assimilazione… ciò che fa resto – le Lingue Materne! – deve cadere nell’oblio di una oscura quotidianità, perdersi insieme a qualsiasi velleità di resistenza culturale o semplicemente di scambio di saperi.
Con la violenza del contenimento forzato o con la cancellazione per assimilazione; così uno Stato sa rispondere alle persone che cercano un luogo migliore sulla terra.
Nè può essere altrimenti perchè uno Stato ha confini, ha un dentro e un fuori e anche nel dentro ha costruito confini per contenere chi deve espellere.
Ius soli e ius sanguinis sono un corpus di requisiti storicamente modulati per far coincidere le persone con gli Stati, così come artificiosamente si sono fatti coincidere gli Stati con un territorio, sempre a spese di suolo e sangue in cambio della nefasta retorica dell’italianità e dei sacri confini.
Nenie sempre gravide di tragedie messe lì a baluardo e difesa da un principio tanto elementare quanto disconosciuto: e cioè che nessuna persona dovrebbe mai essere illegale.
Dumbles, maggio 2013
NOTE
(1) Circa i dettagli sulla votazione della Legge 40/98 vedi lo scritto: E’ ORA CHE LE FEMMINISTE E LE LESBICHE ARMINO I LORO CANTI
GLF – GRUPPO DI LAVORO FEMMINISTA – ROMA –
Contro i Cie e contro il controllo sociale; Atti Incontro separato contro la violenza maschile sulle donne, Roma giugno 2012
(2) Tutte le vicende truffaldine che hanno coinvolto in particolare il Cie di Gradisca, si estrapolano dal dossier No Cie scaricabile da Infoaction:
http://www.info-action.net/attachments/article/2062/CIEdossier.pdf
e dalla cronaca puntualmente registrata nel medesimo blog nella sezione “Antirazzismo”
http://www.info-action.net/index.php?option=com_content&view=section&id=23
(3) Caterina Croce: “Vite fuori posto, sovranità, nuda vita e governamentalità: Judith Butler in dialogocon Hannah Arendt e Giorgio Agamben”, su www.metabasis.it maggio 2010 anno V n°9
(4) http://www.repubblica.it/politica/2013/05/05/news/kyenge_prossime_settimane_ddl_cittadinanza-58101416/
(5) http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2013/05/07/Cittadinanza-Grasso-sbarco-puerpere-_8664603.html
(6) Per approfondire: http://www.senzasoste.it/migranti/ius-soli-un-dibattito-falsato-ecco-come-si-acquista-la-cittadinanza-in-europa-e-nel-mondo
(7) Renata Puleo: “Alla ricerca di una esistenza comune” in: http://www.aiems.eu/files/puleo-_aiems_saggi_vari.pdf