Don Roderigo ci ricasca. Da bravo inquisitore va in cerca di altre streghe da processare e ne ha scovata una che ha detto una cosa che proprio lui non digerisce. Che prete laico sorvegliante della parola pubblica delle donne sarebbe se non bacchettasse e non togliesse il patentino femminista a chi non rispetta il suo punto di vista?
Pare che la storia la conosca bene. Ha studiato. Non ha la più pallida idea di cosa voglia dire Femminicidio ma giusto lui non vuole che neppure un accenno critico lo riguardi. E’ d’uso di quest’uomo intervenire nella dialettica femminista per screditare e delegittimare quelle che dicono cose che non gli piacciono. Stavolta la delegittimazione è un cicinino più argomentata, sebbene ancora intellettualmente disonesta, ma va comunque a parare in una unica direzione.
Quello che dice Angela Azzaro è complesso e propone una visione della questione che vale la pena di essere tenuta in considerazione. Almeno discuterne. Tra noi e non con i preti laici che difendono un dogma e non mancano di fare paternali ad ogni occasione.
Sicuramente non si tratta di una donna che fa parte di uno sbarramento ad alcunché giacché considera la lotta alla violenza sulle donne un tema fondamentale e prioritario, come d’altronde ciascuna di noi giacché ci dedichiamo a questo da anni e anni avendone certamente cognizione più di quanta non ne abbia una persona che si esercita nelle “rassegne stampa” e nelle scomuniche virtuali di quelle che non declinano la lotta alla violenza come vuole lui.
Ma cosa vuole lui? Come dicevamo – e ancora non ci ha risposto – Don Roderigo non mette in piazza un personal/politico, non accenna a sue valutazioni e non si espone a critiche. Quello che fa è nascondersi dietro le parole di altre donne o inserirsi nella dialettica tra donne come arbitro non richiesto per squalificare quelle che non gli piacciono.
Di Don Roderigo però abbiamo capito che le donne le vuole vittimiste e che gli sta bene il moralismo che si abbatte su di noi. Perché per lui una discussione critica sulle pratiche politiche femministe viene letta come negazione del problema e non come una discussione in cui ciascuna propone modi diversi di affrontarlo.
Decide che vittimismo e moralismo siano “parole del lessico post femminista e antifemminista“. Quel che lui colloca nell’antifemminismo è relativo ad un preciso ragionamento di cui scrive con chiarezza nel suo blog e che esclude i femminismi post/porno, pro rivendicazioni delle sex workers, anarco/queer, postcoloniale, afro/americano, cyberfemminismo, il transputafemminismoqueer, e mille altre correnti e pratiche che per fortuna, nonostante lui, esistono. Egli somma tutto e lo liquida come “post-femminismo” e fedele a Marx (a Trotsky e a Mao Tze Tung?) dice:
“Sono sfavorevole al post femminismo che con il maschilismo spesso va a convergere quasi in alleanza contro il femminismo marxista e radicale. Quello nel quale io mi riconosco. Polemizzo contro chi interpreta quelle ideologie, quelle culture, senza acrimonia personale, ma senza sconti. Non ho e non voglio avere nessun potere di scomunica. Penso che il partito comunista cinese non sia comunista bensì nazionalcapitalista. Non è una scomunica, è una opinione. Penso che il PD non sia di sinistra e che in particolare non lo siano i suoi esponenti liberisti. Non è una scomunica, è una opinione. Penso che le post femministe non siano femministe. Non è una scomunica è una opinione.”
A parte concordare sul fatto che il Pd non sia di sinistra questo signore non ha capito che il femminismo non è un partito e non è una ideologia rigida come il Comunismo. Lui magari ha ritenuto fosse così ma non lo è. In ogni caso lui dice: “non è una scomunica ma una opinione” che però gli fa riproporre più e più volte una bugia ove lui sostiene che FikaSicula sia una “Fuoriuscita più in ritardo, ma più rapidamente dal femminismo” che addirittura non mancherebbe di “bacchettare da destra“. Cioè sarebbe non più femminista, perché l’ha deciso lui, e neppure più anarchica e molto di sinistra.
Queste secondo lui non sono scomuniche ma opinioni però le spaccia in quanto verità indiscutibili. Lui decide chi è dentro o fuori. Lui decide che opporsi a vittimismi e moralismi sia “antifemminista”. Lo decide lui ma non è vero. Dunque lui scomunica le donne che raccontano una versione della storia che non gli piace e spaccia con disonestà intellettuale le sue opinioni per verità.
“Con la denuncia del vittimismo si vuole esprimere l’opposizione alle leggi che tutelano le donne dalla violenza e dalle molestie, e l’idea che le donne debbano difendersi da sole, fino a proporre corsi di autodifesa. Con la denuncia del moralismo si vuole difendere la donna oggetto o la presunta scelta soggettiva della donna di farsi oggetto. L’ha voluto lei, nessuno l’ha costretta. Perciò, quando leggo queste due parole nei testi relativi al dibattito sulla violenza, divento un po’ diffidente.”
e se diventa egli diffidente saranno un poco cazzi suoi. Di certo è una lettura parziale e stracolma di pregiudizi quella di chi oltre la Dworkin e il femminismo radicale degli Stati Uniti contro pornografia, rivendicazioni delle sex worker e pratiche come la slut walk vede solo antifemminismo. Opporsi a leggi “speciali” tipo quelle che in nome della lotta contro il “Femminicidio” vorrebbero proporre in questo governo, con braccialetti elettronici, aggravanti, securitarismi, e perfino la sottrazione del diritto di querela di parte alle donne che subiscono violenza, significa tutt’altro rispetto a quello che dice Roderigo.
Oltre al fatto che parlare di autodifesa [alcuni opuscoli femministissimi che spiegano qui, qui, qui], e credo che questo signore non abbia alcuna idea di cosa siano i corsi di autodifesa per donne vittime di violenza, è un atto che sottrae la vittima a tutori di ogni genere e che la pone interiormente in grado di poter riacquistare stima, sicurezza, fiducia in se’, capacità di distinguere quali sono le relazioni belle e quali no, dunque l’autodifesa proprio no, non è antifemminista.
Parlare di moralismo poi è assolutamente lecito e il ragionamento della Azzaro è più che corretto a meno che non si intenda la lotta contro gli stereotipi sessisti alla maniera delle Snoq che ne fanno un’arma per dividere le donne in buone e cattive, perbene e per male. Ci sono modi diversi di affrontare la questione e anche questo non è tema da discutere con un tutore della parola pubblica delle donne, che decide quando e come toglierla e restituirla a seconda di quel che gli piace.
Non sono cose da discutere con un paternalista accanitamente normativo che non manca di insistere sul dato che la donna è vittima anche quando non è vittima. Che ogni donna non debba essere considerata responsabile per le proprie azioni ma una bambina, incapace di intendere e volere e sempre comunque subordinata ad altri e altro.
Le donne sono trasformate in “vittime” anche da chi dice di volerle tutelare, proprio nel momento in cui alle donne non è dato scegliere il modo attraverso cui difendersi e lottare. Proprio quando c’è chi vorrebbe escluderle dalla possibilità di ragionare sulle pratiche di lotta.
Infine Roderigo ci regala un’altra perla decidendo che la simmetria delle relazioni per donne e uomini non dovrebbe esserci mai. Noi siamo inferiori, ed è quanto sostanzialmente afferma lui, talmente inferiori da non essere neppure in grado di capire quali sono i nemici contro i quali lottare e quali sono le cose giuste da fare per noi. Quel che è bene per noi solo lui lo sa e non manca di dircelo. Nessun altro a parte lui.
E costui si definirebbe un “femminista”.
Le puntate precedenti:
Di Don Roderigo: qui, qui, qui.
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