Da Abbatto i Muri:
Ma anche basta festeggiare questa giornata condividendo le foto di cadaveri di fascisti a testa in giù. Sarebbe un monito? Un segno di R-Esistenza? Io lo trovo lugubre e tremendo. Sono passati tantissimi anni e ogni azione va collocata storicamente nel tempo e nel luogo in cui è stata compiuta. Non c’é processo né paragone rispetto alle brutalità commesse dal fascismo nei confronti di tantissime, troppe, persone inermi. La guerra è guerra e fa schifo di per se’. So anche questo. Ma oggi?
Oggi che quelle immagini diventano feticcio misero a dimostrazione di una memoria che riduce la Resistenza e la Liberazione a quell’unico atto, quel linciaggio, frutto di rabbia, di comprensibile reazione da parte di persone cui era stato tolto tutto, affetti, vita, certezze, futuro, quanto banalizza la memoria di tante speranze, tanta umanità, tanta lotta in difesa di una idea la condivisione di immagini sotto cui i commenti sono “a morte il fascio” o “questa è la fine che farete tutti“?
Oggi è la festa di Liberazione e non la Festa in cui si può dare sfogo ai linciaggi virtuali. Abbiamo amici che sono stati uccisi a coltellate in una aggressione fascista. Abbiamo donne che sono state vilipese e stuprate per insegnare loro ad essere “femmine” quando erano e sono lesbiche e femministe. Abbiamo le nostre storie, i nostri rancori, nessuna voglia di pacificazione sociale. Questo io lo so. Ma i revisionismi si combattono senza riaffermare il valore di una azione collocandola nel nostro tempo e luogo.
Allora io non c’ero. Ci fossi stata non ho idea di cosa avrei fatto. Ho un nonno che fu arrestato perché portava un pugno di grano ai parenti tenuti alla fame da nazisti che chiudevano l’accesso a certi luoghi. Un altro parente incarcerato per le lotte per l’acqua bene pubblico, contro mafie e democrazie cristiane varie, nell’immediato dopoguerra, ho partigianerie familiari che mi raccontano dei liberatori, gli americani, e pure dei partigiani, ché tanto, diceva la mia nonna, venivano tutti a rubare dalla dispensa e ci lasciavano affamati, per quanto lei capisse che le questioni fossero diverse e che il sostegno del popolo alla resistenza fosse necessario ed era di fatto una scelta. Nessuno di loro ha mai gioito di un fascista ucciso.
Gli stessi partigiani con i quali ho parlato non si sono mai vantati di aver ammazzato qualcheduno. Non hanno celebrato la morte di nessuno ma hanno custodito e riportato la memoria di un’epoca dolorosa che ad un certo punto bisogna pur razionalizzare, giusto perché non si vuole che accada mai più, perché, come Hannah Arendt diceva, il male è banale, a riprodurlo non te ne rendi conto, se non assumi coscienza di cosa sia davvero fatto il male. E il male di quell’epoca, come di tante altre, è fatto di popoli, gente comune, umori, risentimenti, personalismi, ideologie, assenza di raziocinio, integralismo, fanatismo, totale assenza di empatia e umanità.
Vittorio Arrigoni, Vik, quando diceva “restiamo umani” non lo diceva mica perché immaginava fosse meraviglioso che tutti gli israeliani fossero sterminati. Anzi. Sperava sempre che palestinesi e israeliani riuscissero a comunicare, a inventarsi un nuovo modo per coesistere. Senza farsi la guerra. Senza perdere la propria integrità e dignità.
I fascismi di oggi non li combatti mettendoli a testa in giù. Sono diffusi nelle istituzioni, sono burocrazie infinite, sono impedimenti e recinti sulla gestione dei nostri corpi e delle nostre vite. Sono tirannie economiche e reali su vite profondamente mutilate da regole che fanno schifo.
Non c’è nulla di cui vergognarsi a dirsi distanti da un certo modo di intendere l’antifascismo. E quelle immagini, condivise ripetutamente su facebook, oramai sono pornomostruosità utili a galvanizzare folle che di antifascismo, nei fatti, non ne sanno niente. Così la penso.
E buona Liberazione anche a voi.