Femminismi
Le alghe tra i capelli
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Nel 1992 scegliemmo come logo per il nostro collettivo la stilizzazione della sirena a due code, l’inquieta  rappresentazione del femminile tra l’animale, il doppio, il circolare, il seducente e l’osceno, così comune nelle chiese romaniche; (noi copiammo da una formella della facciata del duomo di Gemona). Poi nel 2001, quando ci siamo messe in rete abbiamo aggiunto il disegno della sirena morta sulla spiaggia al margine di un mare di nero veleno.
Ci è venuta in mente questa cosa di loghi e sirene per parlare di mare e catastrofi.
Intanto possiamo dare qualche numero: 25, 1 e 30, più o meno. Sono misura di anni: i 25 dopo Chernobyl; e l’1 dopo la marea nera del Golfo del Messico e misura di giorni: i 30 dal terremoto/tsunami nucleare in Giappone.
Chernobyl non si può né nascondere né dimenticare, né si può ignorare la drammatica situazione di chi è sopravvissuto e non ha potuto far altro che rimanere in un ambiente contaminato. Nel 20° anniversario l’accademia delle scienze ucraina e bielorussa stimava 100mila vittime, l’AIEA 4.000, altre statistiche 200mila solo per Ucraina, Russia e Bielorussia. Una onlus che si occupa dei bambini di Chernobyl nel 2008 denunciò che le cure per i numerosi casi di leucemia non erano altro che impacchi di Vodka e Vodka diluita con acqua per le flebo. Chernobyl non sversò direttamente in mare, sparò in atmosfera, ma la nuvola gravida di radionuclidi, con le piogge primaverili bagnò la terra e poi via nella falda ecc. ecc seguendo il ciclo dell’acqua fino al Mar Nero e ritorno.
Qualcuno studiò e studierà le malformazioni umane, vegetali e animali; senza clamore finiranno nelle pubblicazioni scientifiche.
Delle malformazioni ed altri effetti sugli organismi marini invece non si hanno molti termini di comparazione; non ci sono informazioni dai test nucleari in Polinesia degli anni ‘50 perciò sarà il Giappone a fornire i dati mancanti e ce ne saranno in quantità, considerato che la Tepco, l’azienda che gestisce la centrale d Fukushima qualche giorno fa, riportò quantitativi di Iodio 131 davanti al reattore due, 7,5 milioni di volte i valori normali, e questo prima di iniziare il rilascio in mare di 11.500 tonnellate di liquidi contaminati.
Cloache.
Allora ricordiamo anche quella bituminosa creata dalla BP affittuaria della piattaforma Deepwater Horizon un anno fa nel Golfo del Messico. Era il 20 di aprile, la piattaforma esplose, si inabissò con la trivella che stava perforando un pozzo su un fondale a 400 metri di profondità, dal quale iniziò ad uscire petrolio greggio al ritmo di 5.000 barili al giorno buona parte del quale è là sul fondo, per chilometri davanti alle coste della Louisiana, Alabama e Florida.
Sono incidenti, ci dicono, che si evitano con una miglior tecnologia e migliori misure di sicurezza.
Ecco, il sugo è quello, da sempre, ad ogni incidente.
Mentre ad ogni incidente si verifica che la sicurezza era l’ultimo dei pensieri, ma soprattutto, e questa è una cosa dolorosamente triste,  il rimedio ai superdisastri di tanta supertecnologia è la balbuzie operativa e l’improvvisazione.
Il massimo della sconcezza fu raggiunto dalla BP quando non sapendo più come arrestare la marea nera, alla quale probabilmente non si erano mai sognati di pensare, (peraltro generata dal malfunzionamento delle valvole presenti all’imboccatura del pozzo sul fondale marino, quindi da una manutenzione non puntuale); si ridusse a chiedere dal sito deepwaterhorizonresponse.com, suggerimenti alla popolazione su come arginare il danno all’ambiente. I gestori della piattaforma petrolifera tra le più grandi del mondo, quella che ha perforato il pozzo più profondo del mondo, quella che estraeva 9.000 barili al giorno… chiede aiuto alla gente.
Il suggerimento più quotato fu di cospargere la superficie del mare di capelli, avrebbero assorbito il petrolio come facevano le penne degli uccelli. Ad una ditta, la  Matteroftrust.com arrivarono scatole e scatole piene di capelli da usare sfusi o da infilare in calze di nylon. La BP riuscì a tappare la falla soltanto 106 giorni più tardi dopo che per sua stessa ammissione in circa 90 giorni erano usciti tra  i 3 e i 5 milioni di barili di petrolio, ovvero tra i 506 e gli 868 milioni di litri ovvero 460.000-800.000 tonnellate. Inutile dire che anche qui, nel lungo periodo per la popolazione si prospetta un aumento statistico dell’incidenza di tumori, aborti spontanei ecc.
Alla BP i capelli, alla Tepco, l’alga.
Da qualche giorno occhieggiano  titoli del tipo: “Le alghe, la chiave per la bonifica di Fukushima” o “Acqua di Fukushima ripulita con le alghe”. I capelli assorbono e le alghe fissano, certo.
In questo caso si fa riferimento ad uno studio della Northwestern University e dell’Argonne National Laboratory da Evanston e Chicago secondo cui un’alga piuttosto comune è in grado di fissare lo Stronzio-90 uno dei radionuclidi liberati nell’ambiente. Dal titolo sembra fatta. Facile! Ecco la soluzione per una catastrofe di cui non si conosce ancora tutta la gravità e che peraltro con le continue scosse di assestamento potrebbe pure peggiorare…
Anche noi ai tempi di Chernobyl cucinavamo e mangiavamo le alghe (forse di provenienza giapponese) come se fossero pastiglie di iodio; ma, e proprio Chernobyl ce lo ricorda, là, oltre allo Stronzio-90 e allo Iodio-131 dei cui valori incommensurabili di Fukushima abbiamo già accennato, in circolo si trovarono Iodio-135, Cesio-134, Cesio-137 , Uranio e parenti transuranici quali plutonio, curio e americio, nonché isotopi di Bario, Magnesio, Ferro, Curio, Tellurio e ancora Carbonio-14, Zirconio-94 e Rutenio-106.
Non sarà un’alga che salverà. No. La situazione è gravissima e la Tepco, dopo aver mandato i suoi operatori al massacro (ma anche questa si era già vista con i liquidatori), continua a procedere alla cieca; intanto il governo, giusto per fare qualcosa ha triplicato i valori di radioattività ammissibile nel pesce per il consumo interno. Come se dopo un certo periodo di esposizione alle radiazioni si sviluppasse una qualche forma di resistenza!
Il vecchio rapporto Rasmussen Wash-1400 del 1975 calcolava la probabilità di un incidente nucleare con fusione del nocciolo e rilascio di materiale radioattivo all’esterno come 1/1000000 cioè uno ogni milione di anni. Noi, nella nostra vita ne contiamo già due, anzi tre chi ci mette anche Three Mile Island del 1979. Eppure le lobby che spingono per il “rinascimento dell‘atomo”, continuano ad irradiarci con l’ossimoro della sicurezza nucleare. Fatto salvo poi che alle popolazioni colpite restano Vodka e alghe. Sono in-credibili eppure non smettono; come Berlusconi con le barzellette sporche.
A proposito di sporco, ad un anno di distanza la BP ha intenzione di tornare a trivellare nel Golfo del Messico dove il fondale è ancora pavimentato ad asfalto.
Fra un anno, dopo la moratoria di Veronesi l’oncologo (sic!),  i neo-atomisti (sic!) torneranno alla carica anche dalle nostre parti dove il governatore Tondo ha detto Krsko (che è in Slovenia e non c‘entra niente) per non dire No! Il sito prevedibile è nella nostra laguna. Che non è mai stata blu per carità, anche lei un po’ cloaca per via degli scarichi industriali, dove i capelli non sono stati necessari per adsorbire i veleni perché il disinquinamento è stato una finta e dove intanto potremmo iniziare le colture di Closterium moniliferum la nostra microalga che intanto ci sottrae lo stronzio. Evviva la fitodepurazione!
Le sirene potranno tornare con le alghe tra i capelli, poi chissà se la coda bifida sarà solo l’atavica  rappresentazione immaginaria del femminile doppio, circolare, seducente e osceno oppure sarà una concreta malformazione frutto di teratogenesi radioattiva.

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