Senza memoria non si vive. Dal biologico, all’antropologico, dallo storico, al sociale, noi siamo memoria incarnata.
Come l’impronta immunitaria lasciata dalla presenza di un virus in un corpo, la memoria individuale e sociale è il segno che rimane dentro le persone è il suo carico di vissuto, di sfumature, di esperienze, di sentimenti individuali e di narrazioni che si depositano e stratificano in quella che, quando riguarda fatti e tragedie collettive, chiamiamo storia.
Perchè è la storia che ne tiene la traccia documentale, è la storia che deve conservare la memoria anche e soprattutto quando non ci sarà più nessun testimone.
La storia perciò racconta il passato ma per voce degli interpreti del presente.
Domani è la giornata della memoria. Una ricorrenza, -come tutte le ricorrenze o scadenze inventate ad hoc- che ha in sé elementi contrastanti; un po’ di lavaggio di coscienza, un po’ di sincera riflessione, un po’ di retorica, un po’ ritualità consolatoria ecc. Ma sappiamo anche che sempre più si tenta di sterilizzare la storia dalla memoria per poterne fare una cosa interpretabile, liberamente interpretabile, come suggerisce Bidussa, una docile narrazione ad uso politico.
Ne abbiamo appena avuto un esempio in diretta con le intercettazioni in cui l’affiliato neonazista di casapound consiglia l’adepto su come comportarsi in proposito….”perchè io pure sono d’accordo che non sono mai esistite le camere a gas e non c’è mai stata nessuna deportazione, sono il primo a dirtelo…”, ma insomma, per il momento con i prof o i giornalisti il consiglio è di nicchiare perchè al momento, per opportunità politica bisogna dare un’altra immagine.
Non è uno storico che parla, ma sappiamo bene che ci sono pure sedicenti storici che di mestiere fanno i negazionisti. Per fare un esempio, David Irving è uno di questi; a suo tempo contestammo la sua presenza a Udine dove era stato portato dai fasci e neonazi locali.
Ma falsari e falsificatori e tutto il loro codazzo di seguaci scorazzano liberamente fra noi perchè quella memoria ancora per poco -dato il passare degli anni- testimoniata da chi l’ha vissuta, non è stata sufficientemente colta e raccolta, non è diventato il testimone da passare di mano in mano di generazione in generazione, perchè quella memoria che si celebra in una giornata con la retorica del “Mai più!” muore tutti gli altri giorni nella realtà e nella logica concentrazionaria dei CIE, nelle pulizie etniche dei rom, nelle schiavitù di tutte le Rosarno d’Italia… muore soffocata nell’oblio, nell’indolenza di chi non vede e nell’insipienza di chi, in nome di una demenziale idea di democrazia sdogana i nazifascisti che all’occorrenza si presentano con il vestito buono. Sono questi i più odiosi, non hanno nemmeno “l’alibi” del menefreghismo della persona comune, perchè vestendo i panni dell’intelletuale riconoscono diritto di parola ai negazionisti e con ciò legittimità alla falsificazione della storia e della cancellazione della memoria.
No, non è così che deve funzionare; la memoria deve essere un esercizio quotidiano e collettivo che ci faccia riconoscere negli orrori di ieri quelli che si ripetono oggi e “mai più” abbia un solo e semplice significato: Mai più.