I compagni del collettivo Zona Collinare in Lotta (Napoli) hanno risposto qui ad alcuni post apparsi su FaSud, scritti da compagne di questo collettivo, riguardo la loro azione di fronte un negozio del loro quartiere che aveva pagato delle ragazze per stare in vetrina e “attrarre” clienti. Quegli avvenimenti, e la risposta dei compagni di Napoli, mi spingono a rispondere – in quanto uomo antisessista e compagno del collettivo FaSud – alle cose fatte e dette.
Avevo pensato di scrivere un “deconstructing” del loro testo, ma ho rinunciato per due motivi. Primo, mi è parso subito chiaro che la comunicazione satirica non è stata affatto apprezzata dai compagni di Napoli, quindi non mi pare il caso di insistere in quella modalità. Secondo, a leggere certe cose della loro risposta non mi viene per niente da ridere, pensando che sono parole provenienti da chi si definisce compagno e uomo antisessista. Quindi, esprimerò semplicemente le mie opinioni anch’io da compagno, uomo, antisessista.
Sull’azione in sé posso cominciare col dire che non mi sarei mai sognato di fare una cosa del genere. Innanzi tutto, la politica non si fa con le cose di pancia – mi pare che su questo siamo pure d’accordo. Le azioni si pensano mille volte e la comunicazione delle azioni politiche ancora di più: quello che s’è visto è stato uomini che coprono corpi di donna esposti – uno dei gesti più patriarcali che si possano immaginare. Dite che “volevamo portare all’attenzione dei passanti il fatto che il capitale è stato capace di mercificare, di piegare alle sue esigenze, finanche i corpi”; bene, è quello che avete ottenuto? Questo avete detto ai passanti, e loro questo hanno capito? Tutti quelli che si sono fermati a guardare, e hanno manifestato consenso per la vostra azione, avevano questa consapevolezza dei rapporti economici capitalisti? Perché se anche uno solo s’è fermato invece ad applaudire perché vedeva appagato il suo senso del decoro, perché trovava consono alla morale pubblica coprire quelle ragazze, certo quello che avete fatto non ha dato una grossa mano alla causa antisessista.
La pancia, qui, non c’entra niente. C’è da fare un’azione che coinvolge persone di un altro genere: quindi, prima cosa, si parla con loro, e con altre persone del loro stesso genere esperte della loro situazione, del loro problema. Si pensa, se possibile insieme, alla migliore comunicazione possibile per quella azione. Si valutano prima le eventuali ricadute e conseguenze sul territorio. Questo è fare politica, non la pancia. Le “risposte celeri e immediate a situazioni di grave ingiustizia” sono, come nella celebre legge di Murphy, semplici, facili da capire e sbagliate. Non sto dicendo di prendersi un mese per decidere che fare contro quel negozio, contro quel proprietario: ma qualche ora per studiare la situazione e consultare le dirette interessate si poteva, e doveva, prendere. O almeno questo è quello che sono abituato a fare, da solo e in gruppo. E funziona.
In questo senso, il paragone con Santanchè e con tutte le altre figure “nemiche” che vi ha fatto tanto arrabbiare ci sta tutto. Esattamente come in quei casi, dietro una bella intenzione dichiarata c’è stato un risultato opposto. Quello che s’è visto – ripeto – è un gruppo di uomini che copre, protegge, oscura dei corpi di donna. Poi potete spiegarlo per decenni quello che “davvero” volevate fare e quali erano i “veri” motivi del gesto: quello che s’è visto – ripeto – è patriarcato in azione. Punto. Il resto è fuffa dietrologica – ed ecco che il paragone con “il nemico” è ammissibile eccome. Non perché io o FaSud vi ritenga dei nemici: ma perché quello che è apparso poteva benissimo essere scambiato per un’azione fatta da tutt’altra parte politica rispetto a voi. In cosa si distinguerebbe il vostro antisessismo, qui, da un gesto fatto dai difensori della morale patriarcale? “Un gruppo di ragazzi del genere vi fa schifo?” Schifo no, senz’altro – però dà molta amarezza vedere ancora commessi certi errori. E con tanta prosopopea, per giunta.
Dite che “l’uso di tutti corpi per vendere ci fa incazzare di brutto!!! Eravamo lì per domandare a ‘Papi Galiano’ quanto costa una persona, la sua immagine, la sua identità”; bene, lo avete fatto? Dove sono le parole di “Papi Galiano”? Il suo corpo dov’è? In che modo lo si è messo davanti alla sua politica commerciale sessista? Quale strumento di consapevolezza collettiva avete messo in campo per far vedere che dietro a due ballerine “mercificate” c’era un’uomo e i suoi soldi? E che davanti c’erano altri uomini e i loro desideri sessuali (e sessisti) “sublimati” dalla vetrina? Queste sarebbero state una serie di posizioni antisessiste. Non le ho viste, non ne ho saputo niente. Si può dire che la vostra azione è stata comunque inefficace o no? O il risultato doveva essere solo togliere i due corpi di donna dalla vetrina e il resto chissenefrega? Complimenti. Sempre e solo nella mia opinione, sia chiaro ancora, non avete fatto nulla di antisessista. E potete pure continuare così, qui non si rilasciano né stelle al merito né patenti né permessi. L’antisessismo non l’ha certo inventato Lorenzo Gasparrini o FaSud – se vi va di comprendere meglio le critiche, materiale non manca. Se no, tanti auguri.
Quanto al vostro modo di comunicare, sarebbe il caso di parlarne e molto a lungo se davvero ci tenete a “avere un continuo scambio, franco e costruttivo”. Un solo esempio: “è inammissibile” lo dite ai fasci, non a un* compagn*. Se un* compagn* antisessista fa una critica, si sta a sentire e soprattutto si chiede perché, invece di trattarl* come un* stronz* che passa per caso. E se fa un paragone che non piace, prima di fare la voce grossa si chiedono spiegazioni, invece di spararsi le pose scrivendo bambocciate come “questa è la massima autorità che vi concediamo”. Ma tenetevela, la vostra autorità, se ancora non avete capito neanche come ci si rapporta tra compagn*. “Se voi aveste fatto o scritto qualcosa per noi poco condivisibile o addirittura politicamente dannoso, non ci saremmo di certo comportati così”; beh, avreste fatto male. Di silenzi e “cazzi propri” l’antagonismo politico ne ha abbastanza. I compagni e le compagne devono stare lì anche per farmi capire quando sbaglio, e lo devono dire forte, pure se lo fanno con parole che non mi piacciono.
Il dialogo, se lo volete, c’è. Ragionare sull’autodeterminazione, sulle pratiche antisessiste, sulle azioni pubbliche, sui linguaggi, qui a FaSud s’è sempre fatto e si farà sempre con piacere. Se invece pensate di fare azioni come quella e dite pure che “è inammissibile” riderne, allora state bene così.