Femminismi
Changeons de point de vue: ma facciamolo davvero!
Categories: Femminismo a Sud

Quella del cambio di prospettiva è una pratica molto frequentata nel mondo femminista. Serve a mostrare, sostituendo con gli uomini le donne, all’interno di un fatto, di una narrazione, soprattutto le discriminazioni. In molti casi funziona bene, almeno come punto di partenza per una discussione sui ruoli di genere. In altri casi invece non funziona affatto o può portare addirittura a produrre un rafforzamento di certi stereotipi.
Mi è capitato di vedere, recentemente, questo spot della campagna per l’abolizione della prostituzione in Europa, prodotta dalla Lobby européen des femmes (LEF), l’associazione internazionale che promuove in questi giorni la politica di criminalizzazione della prostituzione.

La visione di questo spot è stata un bel banco di prova perché, con il ribaltamento della prospettiva, ho sentito tutto il disprezzo di cui vengono investiti gli uomini che frequentano le prostitute.
Destinatari dello spot sono gli uomini, la finalità è sensibilizzarli sulla condizione abbrutente delle prostitute. L’ambientazione del racconto è un’anomima camera d’albergo, le clienti sono: una donna anziana, due donne grasse, una donna in carriera. Le donne bussano tutte alla porta dello stesso uomo dall’aspetto prestante, i capelli folti, il fascino vagamente latino, l’aria un po’ sognante o annoiata. Le donne sono lì per acquistare un servizio sessuale. Non ci sono scambi di battute preliminari, non c’è contrattazione, niente sorrisi (tranne quello di circostanza della donna anziana) o cortesie, si va subito al sodo.  Lui si lava, tra l’una e l’altra, i denti, a sottolineare la sensazione di schifo che prova, non di certo l’igiene. E’ una catena di montaggio durante la quale monta solo il disgusto.


Il commento ci dice quanto sia umiliante la prostituzione. Alla fine i messaggi per un’ Europa libera dalla prostituzione, noi non siamo complici. Realizzato dalla lobby europea delle donne.
Sensazione di orrore, mista a perplessità.
Prima di tutto vengono individuate tre categorie di clienti maschili e quindi ribaltate: il vecchio – che nessuno vuole -, il brutto – in questo caso la donna grassa, perchè probabilmente anche una donna brutta può avere qualche attrattiva, essere affascinante, ma una grassa no -, il manager dal cuore di pietra, al quale tutti devono obbedire perché ha il potere economico.
Quanto corrisponde alla realtà questa rappresentazione? Può darsi molto o molto poco.
Quanto è aderente la rappresentazione del prostituto? Chissà.
La prostituta/prostituto che dev’essere bella/bello – altrimenti per cosa paghi? -. Ma è triste e svilita/o perché – fantomaticamente – costretta/o ad accettare quei/lle clienti che sono praticamente scarti dell’umanità.  Quando lui chiude le cosce di quell’ultima cliente e si alza per andare in bagno, sembra piuttosto che vada a vomitare.  La pratica scelta non è casuale, il sesso orale, perché è quella in cui c’è minore ‘reciprocità’ e maggiore ‘intimità’, sempre per sottolineare che, insomma, questo resta un mestiere de merda.
No, anzi, la prostituzione è sempre violenza, violenza di per sé.

Alla fine ci si affida a degli stereotipi degradanti e degradati, raccontando quelle stesse donne come ripugnanti, ribadendo tutti gli stereotipi sulla vecchiaia, i corpi non conformi e le carrieriste stronze. Uniformando un mondo complesso e varieganto, a una rappresentazione che non si tiene, perchè il collante è quello del disprezzo.

Forse il punto di vista dovremmo cambiarlo davvero e cominciare a lottare per la tutela di tutte le persone coinvolte nei lavori sessuali, sia quelle che non vorrebbero farne parte, sia quelle che scelgono di lavorarci, in vario modo, per diverso tempo, con approcci personali e diversi. Piuttosto che favorire le politiche repressive dei singoli stati, che vanno solo a colpire soggetti già fragili, come le immigrate e le indigenti. Magari ascoltando direttamente cosa hanno da dire tutte le persone coinvolte.

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