“Schiave” prostitute marchiate a fuoco
Eterna domanda: ma il fruitore/consumatore è moralmente tenuto a chiedersi che cosa c’è dentro o dietro o incluso in quello che sta consumando?
Noi boicottiamo volentieri oggetti che sappiamo prodotti in sfruttamento o assenza totale di diritti.
Siamo vegetarian* o vegan* oltre che per una riduzione dell’entropia, anche perché non sopportiamo la sofferenza animale; ma quando parliamo di fruizione di “servizi sessuali” e sappiamo che chi li presta passa attraverso la tratta, la marchiatura, la compravendita, il terrore e l’intimidazione, in sostanza la schiavitù, oltre a sottolineare l’orrore del trafficking, che dovremmo dire? Che, esclusi gli/le aguzzini/e, le prime ad aver diritto di parola sono le donne coinvolte ma che ci sarebbe anche un dovere di parola da parte degli uomini coinvolti, un dovere di coscienza sul soddisfacimento sessuale che non può essere sostituito dal pagamento effettuato; la consapevolezza di essere l’altra faccia della medaglia, di essere, -nella legge di questo mercato-, la parte della domanda, nel bene e soprattutto nel male.