Mi piacciono la speleologia, l’entomologia, l’antropologia da comunità underground, il sesso, l’amore e un sacco di altre cose.
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Mi piacciono anche gli orgasmi e sono qui tutta contenta a celebrare i primi dell’anno. Confusa su identità e orientamento a chiedermi come sarebbe poter entrare dentro una persona e sentire l’umidità carezzarmi e sentendo che se da un lato mi manca essere penetrata, dall’altro non mi manca per niente e forse è tutta solo una costruzione.
(ma no ma che dici ma se ti piace tutto)
(ma sì ma certo, ma da che lato mi piace di più?)
E poi mi chiedo anche quanto sia costruito il mio desiderio. Quanto la noia da orgasmo multiplo sia effettivamente dannosa: essì perché io ogni tanto mi ANNOIO quando vengo. Mi annoio dell’ennesima penetrazione sfregamento contrazione senza senso.
Mi piaceva fare l’amore, fare i bocchini e tutto il resto. E non so se fosse la novità o se fosse invece qualche altra cosa. Sentimento? Io di sentimentale ho avuto il primo orgasmo durante un coito e la simultaneità di quando ci siamo amati tanto.
Però mi sono riuscita a ristupire di fronte a un corpo uguale e diverso dal mio. Stupita anche di sentirmi come King Kong.
Ecco, non che ci sia della vera politica in quel che dico, ma vorrei capire quanto il mio desiderio mi appartiene e quanto appartiene ad altri. Quanto mi abbiano dato fastidio i commenti in una via a dei bacetti innocenti, ma non eterosessuali. Quanto mi dia fastidio sentirmi stramba (che poi si traduce proprio queer) e quanto invece mi piaccia, mi costruisca un’identità addosso.
In età moderna si pensava che l’orgasmo femminile fosse necessario al concepimento, e tutte lì a sgrillettarsi se volevano rimanere incinte. Ma d’altra parte, tutte lì a contenersi se non volevano. E se violentate e incinte sicuramente gli era piaciuto.
Il discorso sull’orgasmo è un discorso tutto aperto e il piacere può essere disciplinante quanto la punizione.
Indagarlo con la lampadina sulla testa e il caschetto che previene i massi, sarà poi possibile?
-> riflessioni scaturite anche dal pensiero sul lavoro di Kinsey, su cui ho visto recentemente il film di Condon (2004).